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Sellerio Irene

Page history last edited by Irene 12 years, 7 months ago

PORTFOLIO

Ad ogni incontro devi esprimere i tuoi pensieri sul film proposto editando questa pagina e scrivendo nello spazio sotto a ciascuna domanda

 


12 ottobre 2010: CARO DIARIO di Nanni Moretti, Italia 1993 (IV episodio: Medici) 30'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Questo episodio è la cronistoria di una malattia che Moretti ha realmente contratto, con una ripresa iniziale autentica. Quindi non stiamo parlando di un film che rappresenta e interpreta la realtà ma di un documentario che la descrive per come è veramente! Questo fa riflettere ancora di più sulla storia. Moretti si rivolge a numerosi medici, così detti "luminari" della medicina, riponendo in loro la più completa fiducia, come ognuno di noi farebbe con il proprio (e qui potremmo aprire una discussione sul fatto che ognuno è in buona fede quando si rivolge a persone che sanno fare il loro mestiere, a prescindere dal lavoro in questione, sta poi a queste persone dimostrare di essere veramente competenti). Ci sono però voluti pareri discordanti, consulti imprecisi e distratti, cure inutili e dispendiose, per poter alla fine determinare una diagnosi. Diagnosi che in realtà non è stata fatta da tutti quei dermatologi e allergologi che Moretti aveva interpretato, ma è avvenuta quasi per caso, grazie a due agopuntori, in cui Moretti chiaramente non riponeva molta fiducia, che gli hanno prescritto una TAC. Queste sedute di medicina orientale, come dice lo stesso Moretti, non portavano grandi miglioramenti, ma era comunque piacevole andarci perchè al contrario dei "luminari" non parlavano ma passavano molto tempo in ascolto, se non di lui, almeno del suo corpo. Alla fine si scopre che quella che sembrava una malattia della pelle in realtà era un Linfoma di Hodgkin, i cui sintomi sono riportati da una semplice Enciclopedia Medica, e che erano proprio quelli portati in anamnesi da Moretti. Bastava quindi solo ascoltare e non pensare che se una persona si rivolge ad un dermatologo è solo perchè ha una malattia della pelle. Il finale amaro vede Moretti circondato da tutti i medicinali prescritti mentre beve un bicchiere d'acqua a stomaco vuoto: "dicono che fa bene".

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Come ho accennato sopra ognuno deve avere le competenze per svolgere la propria professione, indipendentemente da quale essa sia. Il medico però ha una responsabilità ancora maggiore perchè vi si rivolge la classe più debole della società, cioè quella dei malati. Una persona malata però è pur sempre una persona e non va quindi classificata con un' etichetta. Quando un medico sceglie una specializzazione forse tende a vedere solo quello che gli compete senza pensare che in realtà il paziente non sa qual'è la sua malattia, può solo descrivere i sintomi (e molto spesso neanche così precisamente) quindi sta nell'abilità del medico di capire quale possa essere la vera causa di questi sintomi. Dovrebbe quindi vedere non solo quello che viene descritto e appare ma anche quello che non si vede o non si dice.

 

 

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

 

 


19 ottobre 2010: UN MEDICO UN UOMO di Randa Haines, USA 1991, 124'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Questo film affronta talmente tante tematiche riguardo alla professione medica che è difficile capire da dove iniziare. Innanzitutto il rapporto medico-paziente che è fin dall'inizio distaccato e non privo di battute e freddure anche nei momenti più drammatici. Per chi lo avesse visto, potrebbe ricordare "Dr. House", il medico tanto amato proprio per il suo cinismo e per la sua genialità che gli consentono di risolvere anche i casi più difficili. E infatti il Dr. McKee è un medico di successo con una brillante carriera ma con scarso tatto ed empatia dovuti all'alta considerazione che ha di sè e alla scarsa opinione che ha degli altri. Poi c'è da considerare il rapporto fra McKee e la sua famiglia: non vede mai il figlio e non ha più un dialogo con la moglie perchè sempre impegnato in ospedale. Il rapporto coi colleghi è ottimo finchè si tratta di persone del suo entourage che fanno da spalla alla sua comicità cinica anche in sala operatoria. Se invece si tratta di medici che, per esempio parlano coi pazienti sotto anestesia, e che quindi mostrano un po' di empatia nei loro confronti, Jack McKee è subito pronto a destinare loro le solite battute e prese in giro. Il cambiamento lo ritroviamo solo dopo che McKee scopre di avere un tumore alla laringe e si ritrova ad essere dall'altra parte della barricata, nel ruolo del paziente che deve subire analisi fastidiose, l'arroganza dei medici e le lunghe attese. Questo cambiamento di prospettiva gli apre gli occhi sui valori dei rapporti umani e della soliderietà nei confronti degli altri malati. Questo anche grazie a June, a cui è stato diagnosticato un tumore cerebrale inoperabile ma che conserva uno spiccato ottimismo e una forza d'animo che la portano ad avere un atteggiamento positivo verso la vita. E qui fuoriesce un'altra tematica importante che riguarda la sanità americana, il problema delle assicurazioni sanitarie che pagano gli esami e le cure solo a chi le sottoscrive ma chi non è assicurato (cioè la classe più debole che non può permettersi l'assicurazione, e quindi nemmeno le cure) deve arrangiarsi. In questo caso il tumore di June è stato diagnosticato in ritardo perchè l'assicurazione non voleva pagare l'esame costoso che avrebbe permesso la diagnosi. Un altro tema importante affrontato in questo film è l'omertà fra i medici. Infatti un collega e amico del Dr. McKee gli chiede di testimoniare a suo favore in una causa intentata all'ospedale da un paziente. Jack inizialmente accetta per puro spirito di amicizia, ma informandosi poi su come sono andati realmente i fatti, scopre che il suo collega aveva fatto sparire parte del materiale nella cartella per coprire una sua negligenza e decide di non testimoniare. Il suo rapporto con la moglie cambia alla fine quando riacquista finalmente la voce, simbolo dell'apertura al dialogo.

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Ho sempre visto la professione del medico come un mestiere molto complesso, non solo per il lavoro di per sè ma anche per come ti cambia dentro. Non credo che sia semplice trovarsi di fronte a persone malate che chiedono aiuto e che non sempre si è in grado di aiutare. Per questo ho sempre pensato che un po' di distacco fosse necessario per riuscire a fare bene il proprio lavoro. Anche se "distacco" per me significa non farsi coinvolgere troppo, non prendere troppo a cuore alcuni casi piuttosto che altri. Bisogna mantenere un atteggiamento professionale senza per questo cadere nel cinismo. Ecco cosa intendo per "mestiere complesso". Oltre a questo anche il rapporto con i familiari è difficile a causa dei turni e gli orari che spesso non coincidono e che rendono più complicata la comunicazione. Credo quindi che sia sempre difficile mantenere il giusto equilibrio per conciliare ogni cosa. La cosa più importante però è non dimenticare che siamo persone e che anche i pazienti lo sono. 

 

 

 

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16 novembre 2010: IL GRANDE COCOMERO di Francesca Archibugi, Italia 1993, 96'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Il film è incentrato sulla figura di un neuropsichiatra infantile e descrive la sua dedizione verso i bambini suoi pazienti, malgrado le gravi carenze strutturali e organizzative dell'ospedale e l'insufficienza di personale preparato.  Tutto ciò è rappresentato focalizzando l'attenzione sul rapporto che il protagonista ha con una delle sue pazienti, Pippi, una bambina dodicenne che soffre di epilessia. Emerge il disagio di una bambina in un contesto familiare difficile e il riacquisto del contatto col mondo grazie alle attenzioni e alle cure di un uomo più che di un medico. 

Dall'altra parte si nota come il troppo conivolgimento fisico ed emotivo è controproducente tanto da poter portare all'abbandono come succede al collega del protagonista dopo la morte della piccola paziente.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Il protagonista interpreta non solo il medico "buono", che vive per i suoi pazienti, ma è soprattutto elogiato come persona "buona" che si interessa del prossimo più che di sè. Arturo è molto bravo nel suo lavoro, prima di tutto perché è coinvolto totalmente da esso. Tuttavia, questo fatto può anche risultare negativo se portato all'eccesso, in quanto un tale coinvolgimento può facilmente portare all'eliminazione di una vita al di fuori del lavoro e dell'ospedale. 

 

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30 novembre 2010: LA FORZA DELLA MENTE di Mike Nichols, USA 2001, 99'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Una donna malata di cancro all'ovaio ci rende partecipi della sua malattia e di ciò che vive negli 8 mesi in ospedale che precederanno la sua morte. La dolcezza e l'ironia di alcune scene sono intervallate da scene grottesche di medici che senza nessun pudore la trattano come una cavia e non come una persona. Mi ha colpito soprattutto la scena degli specializzandi che si prodigano per fare bella figura davanti al professore noncuranti della presenza della paziente manifestando un totale disinteresse nei suoi confronti, nelle sue richieste.

  

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Il medico non deve mai dimenticare che di fronte a sè non ha un oggetto inanimato da testare o aggiustare, ma ha una persona con una sua dignità, che deve essere rispettata. Per conquistare la fiducia del proprio paziente è necessario mostrare una certa umanità, così che il paziente possa affrontare più serenamente e con maggiore coraggio la sua malattia. La mancanza di speranza portano il paziente ad arrendersi al male che lo affligge. Medico e paziente devono potersi comprendere quindi è importante rivolgersi alle persone con parole semplici ed essere sempre sicuri che abbiano capito ogni aspetto della loro malattia e ogni possibile cura.

  

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22 Marzo 2011: MEDICI PER LA VITA di Joseph Sargent, USA 2004, 110'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film? 

Vivien Thomas ha una vocazione verso lo studio della medicina, ma non possiede i mezzi per coronare questo suo sogno. Fortunatamente, per Vivien e per il progresso scientifico, le sue capacità intellettive e pratiche vengono riconosciute e valorizzate da un medico, il dottor Alfred Blalock. Il lavoro svolto con il dottor Blalock permette a Vivien di approdare in un importante ospedale dove viene coinvolto in uno studio pioneristico sull’operazione del cuore. Fino ad allora ogni studio chirurgico su di esso era stato sempre evitato. E’ questo il motivo per cui gli studi di Vivien suscitano tanto scalpore, oltre al fatto che a condurli è un uomo, non medico, ma soprattutto nero. Proprio in virtù di queste sue caratteristiche Vivien viene privato di ogni degna qualificazione, ricompensa e glorificazione al momento del successo delle sue sperimentazioni.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

La professione medica non è soltanto una questione di "sapere e fare": le conoscenze sono necessarie per affrontare qualsiasi mestiere, soprattutto quello del medico, ma è necessaria anche una certa "inventiva" per reagire di fronte agli ostacoli. La ricerca, per poter progredire, ha bisogno di medici che non si fermino davanti alle difficoltà, ma che vedano ogni limite come un punto di inizio, per ampliare ulteriormente le loro conoscenze e trovare rimedio a malattie ritenute, fino a quel momento, incurabili.

 

 

 

5 Aprile 2011: L'OLIO DI LORENZO di George Miller, USA 1993, 129'


Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Il film parla dello sforzo dei genitori di Lorenzo che hanno sacrificato tutto il loro tempo, la loro felicità e i loro soldi per la ricerca di un modo per fare stare meglio loro figlio. Non si affidano ai medici mettendo nelle loro mani Lorenzo, confidando nelle cure sperimentali, ma iniziano terapie da loro elaborate. I medici sono sempre stati un ostacolo per la guarigione di Lorenzo. Si accusano i medici di non voler provare le cure innovative per soldi, fama e responsabilità. La ricerca nei confronti di malattie così rare è poco finanziata e ha poco interesse se confrontata con quella rivolta a malattie di grande diffusione ma la famiglia di Lorenzo non si arrende davanti a questo.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Un medico dovrebbe "peccare di umiltà" per accogliere proposte e ragionamenti che provengono da una glottologa ed un economista? Talvolta succede che a sforzarsi tanto, a vedere e rivedere le cose cercando punti di vista sempre diversi e utilizzando quel pizzico di disperazione, si possa trovare una strada percorribile.

 

 

19 Aprile 2011: PATCH ADAMS di Universal, USA 1998, 115'


Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Molto profondo ma allo stesso tempo anche spiritoso e divertente, soprattutto perchè incentrato sulla figura e sul percorso"spirituale"di questo medico che si rende conto di come si possa rendere felice e aiutare il prossimo. Quando il decano parla definisce il medico colui che ha"il potere di recar danno",quella figura di cui il paziente ha bisogno ed è costretto a consultare per necessità. Il medico non ha il compito di salvare i pazienti, ma di render migliore possibile la qualità della loro vita. Per questo la figura del medico non deve essere quella di colui che"detiene il potere"ma di colui che utilizza ciò che è in suo potere per l'altro.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

La figura di Patch mi ha insegnato che il medico deve rapportarsi al paziente non come una semplice persona da curare, ma come un amico che ha sogni, paure, desideri come tutti gli altri esseri umani. Bisogna vedere il paziente al di la della realtà ospedaliera, cercando di venirgli incontro.

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