| 
  • If you are citizen of an European Union member nation, you may not use this service unless you are at least 16 years old.

  • You already know Dokkio is an AI-powered assistant to organize & manage your digital files & messages. Very soon, Dokkio will support Outlook as well as One Drive. Check it out today!

View
 

Masoni Francesca

Page history last edited by frankie 12 years, 6 months ago

PORTFOLIO

Ad ogni incontro devi esprimere i tuoi pensieri sul film proposto editando questa pagina e scrivendo nello spazio sotto a ciascuna domanda

 


12 ottobre 2010: CARO DIARIO di Nanni Moretti, Italia 1993 (IV episodio: Medici) 30'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Devo ammettere che questo film riesce a cogliere con una spiccata vena ironica quello che è uno dei luoghi comuni sulla professione medica:

Il semplice fatto che un dottore il più delle volte non riesce neanche ad ascoltare, o meglio, a porre la giusta attenzione al problema..

cosa che di solito comporta il giungere a conclusioni affrettate che pertanto risultano, spesso, errate senza vagliare correttamente le varie opzioni...

luogo comune o realtà???

in realtà credo entrambi, purtroppo.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Oserei dire che più che qualche semplice riflessione mi ha fatto proprio PENSARE.

Basti porre l'attenzione sulla frase conclusiva del film: "i medici non è che non sanno parlare...semplicemente non sanno ascoltare" e di pensieri ne sopraggiungono una marea...

Perchè purtroppo, spesso, il medico è visto come colui che tratta il suo lavoro con la freddezza tale che potrebbe essere richiesta ad un qualsiasi altro soggetto in un qualsiasi altro campo lavorativo... così come il barista tratta fa il caffè, l'avvocato sbriga le pratiche o l'edicolante vende i giornali, il medico cura le persone. Il solo problema, ahimè comune, è che questa freddezza, questo distacco nel trattare la "malattia", talvolta si traduce in presunzione... presunzione di sapere cosa sia giusto e presunzione di non dover ricorrere a nessun consulto esterno (neanche sfogliare una semplice enciclopedia della medicina che chiunque potrebbe avere a casa)...

E' una cosa totalmente folle... manca la semplice umiltà di cominciare partendo da ciò che di più "facile e curabile" esista e, una volta scartate le ipotesi migliori passare a un grado maggiore di gravità... perchè nessuno farà mai i complimenti se hai curato una persona diagnosticandoli un tumore che, in realtà non c'era!

quindi....tirando le somme del tutto... posso solo dire che la riflessione è che forse, se questo è il luogo comune sulla professione "medica" allora, tanto sbagliato non è, e qualche fondamento ci deve pur essere...quindi credo che, ogni tanto, visto che si ha a che fare con vite, con persone, con gente esattamente come noi, che è spaventata si dovrebbe semplicemente lasciare da parte l'ego, chinare la testa e ricordarsi che prima di essere dottori, prima di essere l'incarnazione della PROFESSIONE MEDICA siamo innanzitutto persone... capaci di sbagliare e allo stesso tempo capaci di chiedere aiuto per limitare gli errori.

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

Citazione da "La Peste" di Albert Camus:

( XII edizione Tascabili Bompiani aprile 2002 , pag 235, righe 17-24 e righe 26-32 )

" [...] Il dottor Rieux decise allora di redigere il racconto che quì finisce, per non essere di quelli che tacciono, per testimoniare a favore degli appestati, per lasciare almeno un ricordo dell'ingiustizia e della violenza che gli erano state fatte, e per dire semplicemente quello che s'impara in mezzo ai flagelli, e che ci sono negli uomini più cose da ammirare che non da disprezzare.

[...] la testimonianza di quello che si era dovuto compiere e che, certamente, avrebbero dovuto ancora compiere, contro il terrore e la sua instancabile arma, nonostante i loro strazi personali tutti gli uomini che noin potendo essere santi e rifiutando di ammettere i flagelli, si sforzano di essere medici."

 

 

 


19 ottobre 2010: UN MEDICO UN UOMO di Randa Haines, USA 1991, 124'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

 

Sicuramente il film offre non pochi argomenti di riflessione…

Jack, quarantenne affermato e brillante medico chirurgo, scopre all’improvviso di essere affetto da un tumore alla gola. Lo spunto di riflessione è dato dal fatto che la malattia gli si rivela non solo nei suoi aspetti di sofferenza e malessere fisico, ma anche come arroganza e indisponenza da parte dei medici, suoi colleghi, il tutto condito con vari intralci burocratici e non poche umiliazioni.

E’ interessante notare come tutto possa cambiare quando il “giudicante” diventa il “giudicato” quando le situazioni si ribaltano ed uno non si sente più così tanto forte come credeva….e il medico diventa paziente…e lo diventa in uno dei modi più drammatici in cui lo avrebbe potuto fare, si sente inerme e soggiogato da una malattia che, con una potenza inaudita, non solo lo spoglia del suo orgoglio, della sua figura e della sua posizione…lo spoglia della sua sbruffonaggine, della sua arroganza e lo mostra per ciò che è: un uomo…con le stesse paure e timori di tutti quei pazienti che aveva sempre screditato o con i quali non voleva avere il minimo contatto che non fosse professionale…si rende conto di cercare nel prossimo, nel dottore, gli stessi conforti che non ha mai voluto dare… diventa uno dei tanti, condivide la stanza e aspetta in sala di attesa quel giudizio del medico tanto atteso e temuto (cit “Cosa ci faccio qui, io, ad attendere come un comune mortale?”),è solo uno dei tanti in sala.

Passa dall’altra parte. E non è così facile.

Rivalutare situazioni, rivalutare sé stessi e il nostro modo di relazionare…rendersi conto di avere fatto degli errori, molti errori ed il più delle volte pensando di fare la cosa giusta…

Comincia a vedere l’ospedale con gli occhi del paziente.

E il susseguirsi di analisi,terapie e medici…il sentirsi uno dei tanti…che non si sa perché sono su quei letti…che sia per sfortuna o caso, è solo un altro paziente...

La vita lo cambia…quest'esperienza lo cambia.

Ed è sconcertante come sia necessario estremizzare una situazione per avere un cambiamento…ed il cambiamento c’è…ed è grandissimo!

La guarigione, ed il ritorno alla routine dell’ospedale fanno il resto…tenta di passare la sua esperienza agli altri, agli specializzandi:

ordina di togliersi il camice e di indossare la camicia da notte tipica dei pazienti, li informa che, oltre ai nomi delle malattie, d’ora in poi dovranno imparare anche quelli dei malati, perché il loro essere malati li rende impauriti, imbarazzati, vulnerabili” e perciò bisognosi di aiuto e soprattutto di conforto. E affinché tale attenzione possa svilupparsi nei tirocinanti, futuri medici, egli usa lo stesso metodo che lui stesso ha sperimentato…li informa che “…nelle prossime 72 ore a ciascuno di voi sarà assegnata una malattia, dormirete nei letti dell’ospedale e subirete gli esami clinici di esso…Non sarete più dottori ma pazienti. Buona fortuna, domani verrò a visitarvi”.

Le malattie e le cure restano ma sono sotto, dietro il nome, vi è la vita di un paziente che non è un semplice volto, ma anche degli occhi e un sorriso…e una voce…

 

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Le riflessioni riguardo alla professione vengono di conseguenza alle precedenti…

È assurdo pensare a come possa cambiare una vita, a come le esperienze ti possano portare a dei cambiamenti favolosi, a come le persone, pur con difficoltà ti possono cambiare, a come possa riuscire a farti cambiare e maturare una malattia o la sofferenza in generale…come ti possa far alzare la testa e renderti conto che quel cielo non è poi così scontato, che c’è gente che non l’ha mai visto o meglio “guardato” è improvvisamente la vita diventa bellisima, diventa un dono…

E anche ballare sotto le stelle non ti ha mai fatto sentire così vivo…

È assurdo pensare che per guardare con attenzione… non vedere….GUARDARE ciò che abbiamo intorno tante volte non ci è possibile…perché tante volte ci vediamo soffocati in abitudini e pensieri e arroganze che ci permettono di vedere solo le nostre necessità e non il mondo che c’è dietro…non i colori,non i profumi e neanche le persone…

E il dottor X è proprio questo… un uomo arrogante e cinico, che vede il suo lavoro e non le persone che ci sono dietro, vede la malattia e la cura ma non i sorrisi ed i ringraziamenti di quelle persone che lo vogliono ringraziare, crede di fare bene, di essere il migliore…di potersi permettere di soffocare qualsiasi briciolo di umanità… salva le vite come se questo fosse la sua routine mattutina, come se non fosse niente e si sente anche in dovere e nella posizione di fare battute ai pazienti, come per esempio al ragazzo che ha tentato il suicidio a cui dice: “la prossima volta che decidi di farti del male seriamente … GIOCA A GOLF, è LA PUNIZIONE PEGGIORE”

Con quel cinismo di cui è capace, senza pensare che forse dietro ad un gesto c’è un qualcosa, un disagio ben più grande del singolo gesto…

Ma poi la situazione lo cambia, si ribalta…

 

Medico: “Lei ha un tumore alla gola”

Paziente: “Mi perdoni dottore, non è mancanza di fiducia nei suoi confronti, ma vorrei un secondo parere”

Medico: “Certo; lei ha un tumore alla gola, secondariamente è anche brutto”

 

Ed ecco che la situazione cambia…

La ricerca del conforto, di seconde opinioni…talvolta anche il rifiuto della malattia , il crollo delle certezze, dell'idea della presunta immortalità dell’uomo sano che crede di essere come immune a ciò che lo circonda e più forte di dolore e malattia…

Non è dio…non è un superuomo…ma solo uno tra i molti.

Si trova a fare cure e si trova ad affrontare non pochi problemi…comincia a fuggire dai medici freddi e cinici, proprio come era lui…cerca ascolto, aiuto..

E cerca un conforto ...conforto che riesce ahimè a trovare con non poca difficoltà nei dottori che trova solo nelle persone che soffrono del suo stesso male…
La considerazione procede di pari passo con il rapporto che jack instaura con una ragazza che ha un cancro al cervello conosciuta durante le sessioni di radioterapia.

È lei la vera forza, colei che gli mostra la forza di cui ognuno di noi è capace, quella forza di vivere al massimo il tempo che ci resta,che siano minuti, giorni, mesi o anni…con lacrime e dispiaceri ma soprattutto con sorrisi...

Gli fa GUARDARE con sguardo attento ciò che lo circonda, le cose davvero importanti, l’amore e il rispetto…e anche ballare nel deserto risulta tutt'altro che stupido...

gli insegna Come un medico con le “mani basse” sia molto più bravo ed apprezzato di uno che le alza spaventando le persone…di come uno possa essere appagato da un semplice sorriso e di come un sorriso, che costa ben poco, può cambiare la giornata ad una persona malata che è spaventata solo dalla semplice figura del “dottore”…

Spesso non sappiamo apprezzare ciò che abbiamo... talvolta cadiamo nell’errore di credere che sia tutto dovuto... spesso non capiamo che basta davvero poco per stare meglio con noi stessi e poi anche con gli altri...

 

basta poco per rendere felice chi abbiamo vicino:un sorriso,una stretta di mano,un cenno di comprensione....

 

concludo con la lettera di june:

 

“Caro Jack, voglio narrarti una storia. C’era una volta un contadino che aveva un campo e cercava di tenerne lontani gli uccelli. Ci riuscì ma alla fine si sentì solo e allora tolse tutti gli spaventapasseri e si mise in mezzo al campo a braccia spalancate, per richiamarli. Essi, però, pensarono si trattasse di un nuovo spaventapasseri e restarono lontani. Allora egli comprese che era il caso di abbassare le braccia e gli uccelli tornarono. Ecco, anche tu devi fare così: impara ad abbassare le braccia”.

 

La vita ci porta inesorabilmente ad avere contatti con il prossimo...

La professione che andrò ad intraprendere io mi porta in contatto non solo con il prossimo , ma con un prossimo che ha paura e che sta male…

non dimentichiamoci mai che "Non si deve fare agli altri quello che non vorremo venisse fatto a noi,,,,,," perchè nella vita è un dato di fatto che "Ognuno raccoglie ciò che ha seminato.."

 

abbassiamo le braccia…chiniamo la testa e, se proprio le dobbiamo aprire posiamole sulla spalla di qualcuno, diamo un conforto che è fin troppo cercato e non così scontato come spesso pensiamo…

 

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

Citazione dal libro "Un medico, un malato, un uomo. Come la malattia che mi uccide mi ha insegnato a vivere"

di Mario Melazzini

“Vivere la malattia come un'opportunità, fare della sofferenza una fortissima esperienza, tutto ciò mi permette di affrontare la vita in un modo diverso. Prima di essere malato non avevo contatto con me stesso. Credevo di non avere bisogno di nulla ma invece ero insoddisfatto perché pur avendo tutto ero sempre alla ricerca di qualcosa che non possedevo. Ora invece conosco i miei limiti. Non sento di dover dimostrare niente a nessuno ma posso accettare la mia dipendenza dagli altri. Mi sono riconciliato con me stesso.
Ne ho ben tre di fortune: come medico, come malato e come uomo.”

 


16 novembre 2010: IL GRANDE COCOMERO di Francesca Archibugi, Italia 1993, 96'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

La storia raccontata nel film è molto intensa e sicuramente esula da qualsiasi "storia canonica" mi ha colpito molto l'attenzione con cui il protagonista Arturo, neuropsichiatra infantile, si dedica con particolare attenzione ed affetto alla ragazzina affetta da una epilessia autoindotta. 

Questa attenzione particolare, che sicuramente ti colpisce, non è dedicata solamente alla ragazza ma a tutti i componenti del reparto, malati e non, e spicca molto vista la difficile situazione in cui si trova il reparto.

bello, forte e profondo è anche il legame che si crea tra Pippi, la ragazza, e un'altra malata... pippi fa quello che di solito fanno i pazienti con disturbi psichiatrici, ricrea il suo ambiente in mdo particolare: tratta Marinella come lei avrebbe voluto essere trattata, cercando di capirne i problemi e non fermandosi davanti ai problemi derivati dalla sua situazione.... il rapporto diviene molto sincero e, nel suo insieme, intenso e vero... e, nel suo piccolo, porta al miglioramento (purtroppo solo momentaneo) di entrambe le pazienti.... questo dimostra che i pazienti, seppur nelle loro disperata situazione, possono, e spesso trovano, aiuto e confonrto non solo nei medici, ma anche fra di loro, fra persone che come loro soffrono la stessa situazione e magari hanno le stesse paure...

Anche la storia di Pippi ti porta inevitabilmente a riflettere... la sua dolcezza nascosta, tanto aggressiva quanto bisognosa di affetto....ad appena 3 mesi le è stata diagnosticata un'epilessia di origine neurologica, ma, come si apprende durante il raccontare, lo svolgersi della storia, non sono stai mai eseguiti nel corso della sua crescita esami adeguati a confermare tale diagnosi... ed è solo Artuto, con la sua sensibilità, che non dando niente per scontato, si informa sulla famiglia della ragazza e intuendo la difficile situazione in cui essa si è ritrovata a crescere e facendo adeguati esami, giunge alla conclusione che nessun'altro, per fatica o per pigrizia non aveva neanche considerato, ovvero che la malattia della ragazza è dovuta a soli fattori psicologici e non  assolutamente di natura neurologica.

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

"ma tu sei così per me o per tutti?" credo che questa frase riassuma tutto ciò che si potrebbe dire...

Il film induce a riflettere sul ruolo del dottore, perchè quel ruolo agli occhi del paziente è fondamentale...

deve infondere sicurezza, non timore...

il ruolo del dottore e dell'ospedale stesso: non è solo un luogo di cura, ma anche un posto dove le persone, talvolta sole o trascurate, lasciate a se stesse, trovano un appoggio e a volte anche una "famiglia", o almeno dove ricercano affetto e comprensione che a loro è mancato... dove si possono sentirsi accettati e capiti, oltre che a venire curati... perchè a volte la malattia non è il solo problema...

Viene anche messa in evidenza la difficle situazione che un medico può trovarsi, perchè non sempre le cose sono semplici, quando si trova davanti sia gli scarsi fondi finanziari che le opinioni altrui, che, talvolta possono sembrare insormontabili.... In questa vicenda, Arturo trova la motivazione per proseguire nel suo progetto in Pippi, nella sua situazione e nel suo disperato bisogno di affetto.

Ed è proprio questa "spinta" a impegnarsi e dedicarsi al proprio mestiere che deve essere ricercata...può essere trovata in mille cose, esperienze...in uno sguardo, nella voglia di fare qualcosa e di non limitarsi a "guardare" come ad esempio la volontà di fare stare bene le persone, nel vedere i segni della guarigione e il miglioramento di un paziente,nel vedere il suo sorriso...

 

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

siste un'associazione onlus con sede a Roma che si chiama Il Grande Cocomero e che si occupa di volontariato per la ricerca e la cura nell'ambito della psichiatria dell'età evolutiva. L'idea nasce dal neuropsichiatra infantile Marco Lombardo Radice che proponeva un approccio più umano alla malattia di quei ragazzi che trovano difficoltà nel rapportarsi col mondo e con gli altri e nel crescere. Le attività proposte sono numerose e di vari tipi.

L'indirizzo del sito è www.grandecocomero.org . 

 

 

 


30 novembre 2010: LA FORZA DELLA MENTE di Mike Nichols, USA 2001, 99'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Il fill proposto è molto commovente ed è maledettamente diretta e coinvolgente il fatto che la protagonista parli e racconti direttamente alla telecamera.

il modo schietto, razionale con cui vi si rivolge.... l'ironia e anche il sarcasmo che dimostra mescolate a quel dolore intrinseco che sembra fare da denominatore costante... le paure e i timori arrivano dirette agli spettatori senza intermediari e "senza filtri": sei te e lei.

Tutti i ricordi riportati alla memoria sono gli espedienti che la protagonista usa per affrontare il suo dolore, forse perchè ricordandoli cerca di esorcizzarlo trovandoci così un pò di conforto.

ciò che ti colpisce è la solitudine in cui essa affronta tutto il dolore e la sua malattia.... al fatto di affrontare tutto questo "schifo" da sola... di camminare a testa alta di non cercare il supporto di nessuno... ad eccezione dell'infermiera che la segue.

mi ha colpito maledettamente la forza che riesce a trovare nella poesia di John Donne.... in ogni momento della sua malattia, ogni istante... trovando un sonetto adatto per ogni situazione...... ricordando, come le aveva detto tempo prima la sua professoressa tempo prima, che "la morte è una virgola, non un punto e virgola".

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

E' "degradante", come dice la protagonista stessa.

E' "degradante" il modo con cui la donna viene trattata da tutto il personale dell'ospedale (ad eccezione di una infermiera) .

Molto incisivo è il dialogo che ha con il giovane medico, suo ex studente, quel parlare a proposito della scelta di studiare il cancro e il suo rapporto con i pazienti...ed è lui stesso a confermare che il rapporto col paziente è una tappa, purtroppo, obbligata che lui preferirebbe evitare.

perchè non è facile. per nessuno. ma di certo non è una scusa....

Il malato viene trattato come un pezzo di carne, un "CASO", o peggio "UN ENNESIMO CASO" che deve essere studiato: viene toccato senza gentilezza nè rispetto.... gli si fanno solo domande e saluti di convenienza... non gli vengono spiegate le possibili conseguenze della cura (è la stessa protagonista ad asserire che è la malattia che  la sta uccidendo e non il cancro), non gli vengono proposte dal medico curante le varie possibilità in caso di arresto cardiaco, non ci si informa sul serio sul suo stato psicologico, ma si tiene solo in considerazione i risultato della sperimentazione della cura.

Sembra quasi si stia parlando di una cavia da laboratorio (da rabbrividire l'esclamazione del giovane ricercatore quando la sua ex insegnante sta avnedo un arresto cardiaco: "No i risultati! i dati della ricerca!").

Da questo film emerge un ambiente fatto quasi solo di formalità e ricerca, senza alcun rapporto personale con la persona distesa nel letto.... sicuramente non è certo un buon esempio...anzi...in un contesto del genere, augurandosi che non esista, ci sarebbe solo da vergognarsi...

 

 

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

credo di non poter allegare altro che questo...MERAVIGLIOSO

http://www.youtube.com/watch?v=ATbdYwjMlcs

 

22 marzo 2011, Medici per la vita di Joseph Sargent, USA 2004, 110'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Il film è molto piacevole ed interessante se si vuole analizzare la figura del medico... in questo film, a differenza dei precedenti il rapporto di "medico" non è tanto quello "medico - paziente" ma "medico- medico".... siamo in un contesto particolare, con pregiudizi razziali.

gli stessi pregiudizi che probabilmente ci hanno impedito di avere molti ottimi medici per il solo colore della pelle...

il fatto che sia ispirato ad una storia vera rende tutto ancora più coinvolgente...

E' ammiverole la dedizione con cui il protagonista di colore, Vivienne, inizialmente considerato un "bidello", non all'altezza di essere neanche il tecnico di laboratorio riesca a far valere la sua preparazione e le sue conoscenze...

si dedica alla professione, per passione... nella sua piccola e modesta casa ( che contrasta con il tenore di vita dell'altro medico) studia e divora i libri di anatomia e tutti i libri della biblioteca.. tanto da riuscir a insegnare ad illustri professori...

tanto da diventare, nel laboratorio, indispensabile e fondamentale per gli studi dell'altro medico...

E' meraviglioso il rapporto di complicità che si instaura fra i due medici...la loro intesa e il riconoscere al ragazzo di colore le sue doti e la sua bravura.

risulterà fondamentale per una operazione, e lì avrà il suo riscatto personale e sociale...anche se in un primo momento non riceverà alcuna gratificazione..

Il regista affronta abilmente anche il rapporto fra i due pratagonisti della vicenda, che, se in apparenza può sembrare solo della condivisione di un lavoro, nel tempo si rivela una profonda e stretta amicizia, putroppo mantenuta su un egual piano solamente in laboratorio, purtroppo fuori da lì i due sono diversi, al contrario dell'esterno, dove pregiudizi e razzismo li dividono.

anche se alla fine ognuno avrà il proprio riconoscimento ed anche all'abilissimo ragazzo vengono riconosciuti i suoi meriti in medicina e si guadagna il ritratto proprio vicino al suo collega ed amico...

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

 La figura del ragazzo di colore è assolutamente ammirevole.

dovrebbe essere un esempio per tutti...anche se dubito che tutte le persone potrebbero vantare una tale forza di volontà, costanza e perseveranza...

In questo film la figura del medico assume caratteri decisamente positivi: studioso dedicato alla ricerca, alla salvezza delle vite altrui, che quasi sfida la natura, innovando e non cedendo all' "ipse dixit" di chi l'ha preceduto dicendo: <<Non si può fare>>. 

entrambe le figure sono in diversi modi ammirabili.

Anche per quel che riguarda Vivienne, la figura che il film delinea è decisamente positiva: nonstante non sia laureato e sia screditato da tutti per il colore della sua pelle, non si da per vinto, ma si dedica anima a corpo ai suoi studi, continuando anche dopo che non gli sono stati riconosciuti i suoi meriti.... e ricevendo poi alla fine la giusta ricompensa.

 

 

5 aprile 2011:  L'olio di Lorenzo, di George Miller, USA, 1992

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Il film è molto coinvolgente e toccante, anche perchè viene mostrato molto dettagliatamente il cambiamento causato dalla malattia.

Il protagonista, Lorenzo, che da bambino sano, intelligente e molto attivo si trasforma in un piccolo paziente malato che quasi non si può più muovere e che viene trattato come una cavia.

si da una particolare attenzione anche alle reazioni dei genitori, in particolar modo quelle della madre, portatrice della malattia, che si pone domande molto "forti", a cui non può trovare risposta.

Si mette così in evidenza un lato della malattia che non coinvolge strettamente il paziente, ma anchele persone a lui vicine.

Spesso anche solamente riuscire ad accettare una tale situazione è il primo passo della "risalita" dal dolore e dallo sconforto.

in questa storia il modo in cui i genitori provano a uscire dalla disperazione che li ha colti, dedicandosi allo studio della malattia e alla ricerca di una possibile cura è ammirevole, anche perchè dandosi completamente a tale intento hanno trovato una cura che ha potuto migliorare la vita di molti malati di adrenoleucodistrofia.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

nel film sono evidenziati i limiti della ricerca scientifica, soprattutto per quel che riguarda le malattie rare (ai tempi della vicenda come al giorno d'oggi): alti i costi, lunghi i tempi di attesa, i protocolli di sperimentazione ed approvazione.... anche la mancata comunicazione fra i vari studiosi che si riuniscono nel simposio organizzato dai genitori di Lorenzo: è in tale occasione che scoprono di condurre studi, se non uguali fra loro, che hanno punti in comune tali da portare a una parziale risoluzione della malattia.

Credo che oggi tale mancata comunicazione fra i vari laboratori sia una condizione molto più improbabile visto l'enorme sviluppo dei mezzi di comunicazione.

Il medico coinvolto non fa una gran bella figura, anzi: è lui in prima persona a sconsigliare i genitori a tentare di trovare una cura e a frenare tutti gli altri genitori dicendo che non era una dieta "approvata".

Tale reazione può essere data sia per scrupolo medico che per una eccessiva cautela, che lo porta ad escludere qualsiasi cura alternativa senza nemmeno tentare.

 

 

19 Aprile 2011: Patch Adams di Tom Shadyac, USA 1998, 115'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Il film è semplicemente bellissimo,meraviglioso... forse uno dei più belli di questo ciclo formativo, e forse della filmografia americana in generale.

La storia di Patch Adams (tra l'altro molto travagliata) stupisce non solo per la sua forza d'animo, ma anche per il suo anticonformismo, la sua voglia di sfidare le regole per creare un mondo migliore, andando decisamente oltre il modo di pensare comune e cercando metodi innovativi, sfidando l'opinione comune.

Andando contro quel mondo bigotto di trattare la malattia... portando un sorriso, invece delle sole mille medicine.

e il sorriso di quei bambini è più forte di qualsiasi commento...

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

La figura del medico in tale film appare su due aspetti ben diversi:

-da una parte il protagonista, innovatore, perfino sognatore, forse troppo sognatore... e poco razionale..che si dedica al paziente per migliorarne non solo il corpo ma anche l'anima;

dall'altra i "vecchi" professori, che ostacolano questa visione della medicina, ostacolando il protagonista in tutti i modi, appellandosi a ciò che fino ad allora era stato considerato giusto e giudizioso.

a ciò che viene dichiarato come giusto.

E' proprio nella figura di Adams che si riassume ciò che per me un medico deve in parte essere: un curatore dello spirito oltre che del corpo, un conoscitore della scienza, ma anche dell'animo umano.

uno che, nei limiti, ti può strappare anche un bel sorriso

 

 

 

 


 

Comments (0)

You don't have permission to comment on this page.