critica generale


Con questo intervento, finalmente uno poco serio, vorrei descrivere qualcosa che era presente fino a qualche anno fa nell'ateneo di medicina, ma che ultimamente si è spento: la goliardia.

La definizione di goliardia fu data dal convegno dei Principi di Goliardia al caffè Floriàn di Venezia nel 1946 e rappresenta una traccia per comprenderne il significato.

“Goliardia è cultura e intelligenza, amore per la libertà e coscienza delle proprie responsabilità davanti alla scuola di oggi e alla professione di domani. È culto dello spirito che genera un particolare modo di intendere la vita alla luce di un' assoluta libertà di critica senza pregiudizi di fronte ad uomini ed istituti. È infine culto delle antichissime tradizioni che portarono nel mondo il nome delle nostre libere università di scholari”

Questa definizione esprime l'ideale che la goliardia promuove, ideale che deve essere vissuto e interpretato singolarmente: essa rappresenta il sentimento che deve ardere nel vero goliardo, ma ovviamente non lo può comunicare né rappresentare a pieno perchè la goliardia è un modo di vivere la vita. Essa affonda le sue radici nelle profondità della storia, nel periodo medioevale, quando nacquero le prime università che erano vere e proprie corporazioni (universitas studiorum) e quindi formate da liberi amanti della cultura. Infatti gli studenti che si spostavano in cerca del professore che li aggradava, da qui l'appellativo “clerici vagantes”, furono i primi goliardi. L'amore per la libertà può essere inteso come adesione ad idee liberali, ma in modo autonomo dalla collegata disciplina di partito che è incompatibile col carattere apartitico della goliardia. La libertà goliardica è una libertà che deriva dalle singole persone: è una libertà personale di vivere la vita alla luce di un'assoluta libertà di critica. Altro punto cruciale: la goliardia non è inevitabilmente apolitica, ma è apartitica. Il goliarda è libero di possedere le proprie idee e di criticare le posizioni dei partiti: dal punto di vista goliardico, mentre una visione politica è esercizio di intelligenza, l'adesione ad un partito è un incanalamento in una corrente di pensiero, un limite. La goliardia è al di sopra della politica perchè abbraccia la libertà di abbracciare qualunque pensiero. Essa non è nemmeno atea, i goliardi sono stati ammoniti nella prima metà del 1200 in ben tre concili religiosi cristiani e scomunicati, ma questo non pregiudica la loro possibile adesione ad un credo. La disciplina pregiudica la libertà ed è essa che mina l'ideale goliardico: se la scomunica deriva da un tentativo di monopolio ecclesiastico sulla libertà di pensiero, è incompatibile con la goliardia. Le antichissime tradizioni di cui è culto sono le tradizioni medioevali che portarono alla formazione dei goliardi, quelle promosse dallo stesso Pietro Abelardo (1079-1142) il “Golia” come fu definito dal vescovo di Parigi per evidenziare il suo comportamento considerato lassista per l'epoca. Egli è il capostipite dei goliardi e rappresenta gli ideali che la goliardia promuove: innanzi tutto era un filosofo, abbiamo testimonianze dei suoi interventi in campo del dibattito sugli universali e della sua posizione concettualista in merito. Egli viveva la sua vita ed è proprio questo il punto fondamentale: goliardia è vivere, ma soprattutto amare la vita. Questa è la miglior definizione possibile. Da ciò deriva tutto il resto: la voglia di gioire nella fugace giovinezza, la capacità di mettersi in gioco, libertà di espressione e di divertimento, Bacco, Tabacco e Venere. Le tre simboliche divinità goliardiche incarnano i piaceri terreni e quindi la vita che può essere materialmente vissuta. Goliardia non è solo edonismo perchè non comprende solo piacere fisico e nemmeno naturalismo perchè scissa e priva di misticismo, essa è cogliere l'essenza della vita, gioire e inneggiare ad essa. Il vero goliardo ama il prossimo, il mondo e sorride difronte alle limitazioni della società esaltando quel gusto della vita che purtroppo non tutti colgono.