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Martini Alberto

Page history last edited by Alberto 12 years, 6 months ago

PORTFOLIO

Ad ogni incontro devi esprimere i tuoi pensieri sul film proposto editando questa pagina e scrivendo nello spazio sotto a ciascuna domanda

 


12 ottobre 2010: CARO DIARIO di Nanni Moretti, Italia 1993 (IV episodio: Medici) 30'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Il film che abbiamo visionato è stato breve ma conciso e la prima cosa che mi ha fatto venire in mente è stata la difficoltà nell'esercitare la professione del medico. Tutti i dottori cui si è rivolto Moretti non hanno saputo dire che cosa potesse avere il regista, anzi non ci hanno nemmeno provato, quello che mi sono chiesto subito è stato: è mai possibile che questi dottori non sappiano che cosa sia la malattia di Moretti? quindi il linfoma di Hodgkin? Mi sono documentato un po' e sul sito che allego a fine pagina ho visto che è un linfoma definito raro però con incidenza in aumento tanto che rappresenta il 30-40% dei linfomi. Quindi dopo essermi posto questa domanda ho pensato che era improbabile che quei dottori e soprattutto "il principe" non sapessero dell'esistenza di questa malattia, anche perché se per assurdo uno di quei dottori non ne conosceva l'esistenza è statisticamente impossibile che gli altri non la conoscessero, quindi perché ??? perché Moretti ha dovuto girare più dottori e assumere moltissimi farmaci per lui inutili? Sinceramente sono rimasto male dopo la visione del film proprio per questo, perché nessuno si era pronunciato e neanche il siddetto principe, a detta di tutti un luminare, e sono rimasto ancora peggio perché il suo linfoma è stato scoperto per caso! e per errore, perché Moretti è stato operato per un altro tipo di tumore se non mi ricordo male.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

La prima cosa cui ho pensato è che l'imperizia dei dottori può veramente causare dei danni inimmaginabili alla salute dei pazienti, il medico ha una grandissima responsabilità e, secondo me, il dovere di mettere a punto tutto quello che studia per servire al meglio il cittadino. Sappiamo benissimo infatti che il carico di studio di medicina è tantissimo, ma non dobbiamo studiare solo per studiare, ma anche per metterlo in pratica, altrimenti 6 anni di studio alla fine si rivelano inutili. La specializzazione non deve diventare sinonimo di LIMITAZIONE! Altrimenti si rischia di creare dei disagi notevoli; la cosa che mi ha fatto riflettere di più è stato il fatto che neanche il principe abbia saputo fare una diagnosi sulla malattia di Moretti, se quello che si dice nel film è vero, uno del suo calibro avrebbe dovuto saperlo sennò che luminare è uno che non sa diagnosticare un linfoma? Forse lui come tutti gli altri hanno contratto la sindrome del "superomismo" dimenticandosi dell'umiltà che alla fine è quello che conta, l'interrogarsi sui sintomi proposti dal regista e magari l'ammissione di non ricordarsi al momento che malattia riguardino, si evince che bisogna quindi ascoltare ciò che ci viene proposto per poi elaborarlo confutandolo con le nostre conoscenze, non limitatamente al nostro ambito specialistico, altrimenti è la malattia che viene adattata ad una terapia inutile e non è la terapia che viene adattata alla malattia.

 

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

http://www.airc.it/tumori/linfoma-di-hodgkin.asp

 


19 ottobre 2010: UN MEDICO UN UOMO di Randa Haines, USA 1991, 124'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Il film mi è piaciuto molto, mi hanno interessato gli eventi che si verificano durante il film e che portano il dottor Jack alla rivalutazione della posizione del medico nel finale. Mi ha colpito inoltre che in seguito alla sua malattia il dottore fosse cambiato a tal punto da dire a un medico più giovane che se avesse nuovamente chiamato un paziente "il terminale della camera tot" l'unica cosa terminale sarebbe stata la sua carriera. Sicuramente non è una bella sensazione passare da dottore a paziente, a dover fare le trafile dei "comuni mortali" e, soprattutto, a dover sperimentare la sofferenza, il disagio e la paura dei malati che provano nei confronti di dottori scortesi o per lo meno non troppo socievoli e esageratamente altezzosi.

Nelle prime scene il dottore in sala operatoria canta e è impassibile, non coinvolto nelle vicende della persona sul tavolo operatorio, tanto da dire a dei colleghi più giovani, forse specializzandi, che il dovere del chirurgo è: "entrare, risolvere, uscire". Ciò che si evince inoltre dalla trama è che basterebbe veramente poco per mettere a suo agio il paziente e rassicurarlo, cosa che non fa la dottoressa otorino e che in un momento come quello della malattia si ha bisogno più che in altri di persone che ti stanno vicino, nonostante la tendenza spontanea sia quella di chiudersi in se stessi rischiando di allontanare delle persone care, nel caso di Jack la moglie. Il dottore trova conforto in una malata di tumore al cervello e non nell'amico e collega che in quel momento pensa solo a se stesso e alla causa cui deve andare incontro e, cosa peggiore, al numero delle operazioni, il significato implicito è che se anche se è stato il suo mentore e superiore se non è più valido si deve fare da parte.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

La cosa che mi ha più colpito è stato il fatto della rivalutazione finale del paziente, tanto che alla fine il dottore propone ai dottori di fare i pazienti per 72 ore. Jack alla fine non si presenta più come il chirurgo iniziale che dice che per operare bene non bisogna essere coinvolti emotivamente, senza dare importanza ai fatti personali delle persone. La cortesia è la cosa più importante, perché bisogna saper trattare con i pazienti per renderli a suo agio e non far vivere con paura l'esperienza medica. La vicenda dell'amico e collega è un'altra cosa che fa riflettere sull'amicizia, l'amicizia si vede nel momento del bisogno e nel caso del dottore l'amicizia col suo collega si è rivelata frivola.

La gentilezza del dottore e quindi la relazione medico-paziente è importantissima tanto che Jack si fa operare non dalla otorino che non gli da importanza né come collega né come persona, ma dal "rabbino" che Jack talvolta prendeva in giro, ma che come persona si è rivelata migliore della dottoressa e soprattutto capace di ascoltare cosa avesse da dire Jack.

 

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

 


16 novembre 2010: IL GRANDE COCOMERO di Francesca Archibugi, Italia 1993, 96'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

La prima cosa che ho pensato dopo aver visto il film è stata: "questo mi è piaciuto di meno rispetto agli altri due".

Questo in quanto in questo film il ruolo del medico è "strano" non tanto per la relazione che ha con i propri pazienti, anzi, ma perché sembra che anche lui abbia bisogno di cure. Verso la fine dice alla bambina che finalmente egli ha trovato un motivo valido per svegliarsi la mattina e andare a lavorare, adesso non mi ricordo le parole precise, ma il significato è sicuramente questo e ciò è sconcertante; un medico senza uno scopo che medico è? IL MEDICO, secondo me, è quello che quando si alza per andare a lavoro pensa sempre al suo scopo, ovvero quello di aiutare gli altri con ogni suo mezzo possibile, e non ci pensa soltanto in seguito ad un dato evento e questo sinceramente non mi è piaciuto.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

La dedizione con cui il dottore si dedica al caso è ammirevole, riesce anche a fare la giusta diagnosi per il caso della piccola, si sforza in tutti i modi per capire i problemi della bambina e quelli della sfera familiare che la interessa; in questo secondo me in dei momenti è anche troppo eccessivo e ciò si denota dalla preoccupazione del babbo della piccola che gli si rivolge ad un certo punto con un tono non troppo cordiale. Quindi è positiva la dedizione di Arturo, ma per quanto mi riguarda, sfiora l'eccessivo; mentre è da sottolineare che il reparto è disorganizzato e chi ci lavora, a parte Arturo, è disinteressato e sembra stare lì per percepire lo stipendio (vedi caposala).

Riguardo la riflessione sulla professione medica io direi che se fossi stato al suo posto avrei agito diversamente, con più discrezione per non essere troppo invasivo nei confronti della famiglia e soprattutto della piccola Pippi, forse avrei sbagliato ma pensandoci ho realizzato che non avrei fatto come Arturo. Inoltre non mi è piaciuto che lui trovi il suo scopo per andare a lavoro solo in seguito a questa vicenda, è come se prima non avesse fatto il medico con sentimento... questo come ho scritto sopra mi ha colpito in negativo.

 

 

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La vicenda è basata sulla storia di Marco Lombardo Radice, un grande neuropsichiatra infantile.

 


30 novembre 2010: LA FORZA DELLA MENTE di Mike Nichols, USA 2001, 99'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Sinceramente il film non mi è piaciuto gran che, non saprei spiegare il motivo, forse per la dura realtà rappresentata, ma anche perché secondo me "scorreva" poco. Mi ha lasciato senza parole.

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Da questo film purtroppo emerge un'immagine negativa del medico: si apre con una scena in cui il dottore comunica alla propria paziente che ha una grave neoplasia all’ovaio e lo fa come se spiegasse una lezione a degli studenti. Un altro dottore poi, ex studente della paziente stessa( professoressa universitaria della poesia del ‘600), sostiene che è interessato alla ricerca, alle cellule neoplastiche, facendo capire che quindi è interessato non tanto alla persona, ma piuttosto al sapere scientifico. Questo viene percepito bene dalla paziente, che raffronta ciò alla propria esperienza passata: anch’essa quando era una studiosa non malata preferiva chiudersi in biblioteca a concentrarsi sulla ricerca, piuttosto che prendere contatto con la realtà umana: nel momento in cui si trova sola in un letto di ospedale, circondata da dottori senza un briciolo di tatto, rimpiange quell’umanità. 

Il messaggio del film secondo me è che non bisogna troppo chiudersi in se stessi, nei propri libri e nelle proprie convinzioni, il film insegna che è importante l'umanità. C'è da dire che è anche facile perdere parte di essa stando troppo a studiare e poco a "fare pratica umana".

 

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22 Marzo 2011: MEDICI PER LA VITA di Joseph Sargent, USA 2004, 110'

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Bellissimo film, sotto tutti i punti di vista, sia medico che cinematografico. Forse emerge più l'aspetto cinematografico del film ovvero quello del tema della discriminazione razziale, non penso sia questa la sede adatta a trattare l'argomento, ma sicuramente mi ha colpito molto il fatto che l'essere nero possa aver chiuso molte porte a persone valide.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Di sicuro è da prendere per modello la determinazione di Thomas, su questo non ci piove. Si vede che egli è innamorato del proprio lavoro e è proprio grazie a questa determinazione che alla fine ottiene grande soddisfazione e il riconoscimento del "quadro" appeso nel corridoio assieme ai colleghi bianchi.

Molto bella è anche il rapporto che si instaura tra i due chirurghi, inizialmente però questo risente della discriminazione, tuttavia il medico durante l'operazione del bambino cianotico si rende conto che la persona che vuole accanto per assistergli è proprio Thomas e questo è un aspetto positivo; sui pregiudizi della società prevale il buon senso e l'amicizia del dottore. Entrambi sono da prendere come esempio, uno per la determinazione e l'altro perché si sgancia dai pregiudizi della società (anche se un po' tardino).

 

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5 Aprile 2011: L'OLIO DI LORENZO di George Miller, USA 1993, 129'

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Questo film mi ha toccato particolarmente, non tanto per la triste storia della famiglia Odone, quanto per la forza che Augusto riesce a trovare nel momento di difficoltà. Mi spiego meglio: chiunque avrebbe potuto lasciarsi andare alla disperazione e rimanere inutile, paralizzato dal dolore, eppure il padre di Lorenzo trova la forza di assumere una parte attiva nella ricerca di una terapia per il figlio con risultati straordinari. Mi ha colpito la sua oggettività di fronte ad una situazione che lo riguardava in modo così intimo, specie quando discute con sua moglie sulla dieta del figlio, escludendo la possibilità di interromperla sull'onda dell'impulsività.

La ricerca esasperata di una risposta è la chiave del suo successo.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

A mio avviso il comportamento di Nikolais è stato molto corretto. Non si può pensare che un medico approvi terapie basate su tentativi e deduzioni del primo che passa; una cura fruibile da tutti deve avere garanzie molto maggiori di un singolo risultato positivo, specie quando si tratta di avere tra le mani la vita delle persone. A mio parere Nikolais si comporta da vero professionista non negando il sostegno ufficioso agli Odone e al tempo stesso procedendo alla verifica della terapia tramite il metodo scientifico (sicuramente più sicuro, ma molto più lento).

Figura positiva ed elastica.

 

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19 Aprile 2011: PATCH ADAMS di Universal, USA 1998, 115'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?


Adams è un personaggio controcorrente che introduce la laughterapy negli ospedali all' inizio degli anni settanta. La risoterapia è sicuramente una tecnica innovativa che può contribuire a far star meglio il malato. Sembra poi essere provato che l'umore e la psiche possano influenzare per un certo grado l'andamento e l'evolversi di una malattia anche sotto il profilo prettamente fisiologico. Infatti c'è propri o una spiegazione fisiologica a questo: un esempio lampante è l'effetto placebo.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

La figura del medico in questo film appare su due fronti contrapposti: da una parte il protagonista: innovatore, perfino sognatore, che si dedica al paziente per migliorarne non solo il corpo ma anche l'anima; dall'altra i "vecchi" professori che ostacolano questa visione della medicina ostacolando il protagonista in tutti i modi, appellandosi a ciò che fino ad allora era stato considerato giusto e giudizioso.

Adams è senza dubbio un grande, tuttavia riconosco che per un professionista non sia troppo facile comportarsi come un clown.

 

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