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Lemmi Elisa

Page history last edited by eli1234 12 years, 11 months ago

PORTFOLIO

Ad ogni incontro devi esprimere i tuoi pensieri sul film proposto editando questa pagina e scrivendo nello spazio sotto a ciascuna domanda

 


12 ottobre 2010: CARO DIARIO di Nanni Moretti, Italia 1993 (IV episodio: Medici) 30'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Questo film mi è sembrato interessante perchè rappresenta una testimonianza vera di una vicenda accaduta realmente al regista Nanni Moretti. Si percepisce nel film una certa dose di ironia mista ad amarezza, in particolar modo nel finale quando il protagonista si rende conto di aver  sofferto inutilmente per molti mesi, mentre la diagnosi e la cura della malattia avrebbero potuto essere molto più tempestive. Mi ha colpito molto la descrizione che viene fatta nel film dei medici. Questi si basano soprattutto sulle esperienze nel proprio campo (es. i dermatologi pensano subito ad una malattia della pelle) e raramente si consultano con altri colleghi, finendo per analizzare solamente una parte del paziente e non l’individuo nel suo complesso.

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Penso che un medico debba prima di tutto essere preparato, cioè debba possedere le conoscenze necessarie per svolgere il proprio lavoro. Tuttavia questo può non essere sufficiente, come si è visto in questo film, per effettuare una corretta diagnosi. Ritengo che un buon medico debba saper ascoltare il proprio paziente e basare la propria diagnosi su elementi concreti (i sintomi descritti dal paziente) piuttosto che farsi un’idea preventiva di quale sia la patologia.

 

 

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

 

 


19 ottobre 2010: UN MEDICO UN UOMO di Randa Haines, USA 1991, 124'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Questo film mi è piaciuto molto. La storia è molto coinvolgente e contiene molti spunti di riflessione. Secondo me descrive molto bene il cambiamento che avviene nel protagonista nel momento in cui la malattia lo costringe a riflettere su cosa significa veramente essere un medico. Infatti vediamo che Jack, il protagonista, è un chirurgo brillante, ma incapace di comunicare con i propri pazienti, tanto che ai giovani specializzandi spiega che il suo compito è quello di “aprire, aggiustare e poi  richiudere”. Quando poi si ritrova “dall’altra parte”, tuttavia, capisce che lui stesso non vorrebbe un medico con un atteggiamento simile al suo e decide di affidarsi ad un collega con un approccio completamente diverso, con il quale instaura un rapporto di fiducia. Il cambiamento di Jack si vede in vari momenti, durante il film, ad esempio quando rimprovera duramente il giovane medico che, parlando di una paziente, non ricordando il nome, la chiama con il numero del letto, oppure quando rifiuta di coprire il collega accusato di negligenza. Mi è piaciuta molto anche l’amicizia che si instaura tra il protagonista e June, una donna malata di cancro, che, con la sua sensibilità,  aiuta Jack ad aprirsi agli altri e a recuperare il rapporto con la moglie e il figlio, che prima trascurava, troppo preso dal lavoro.

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Questo film ci presenta esempi positivi e negativi di medici. Esempi negativi sono: il collega di Jack, che cerca di falsificare le cartelle cliniche per nascondere le prove di un proprio errore; la dottoressa a cui si rivolge inizialmente il protagonista, una donna apparentemente molto efficiente, ma fredda e insensibile; il protagonista all’inizio del film. Nella scena finale invece vediamo come Jack è diventato un medico migliore: con le sue parole rassicura il paziente e i suoi familiari, riuscendo ad immedesimarsi in una persona completamente diversa da lui stesso. Secondo me, infatti, è proprio questo fatto che può risultare difficile per un medico, cioè capire cosa prova il proprio paziente per poi, di conseguenza, comunicare con lui in maniera adeguata, pur nel poco tempo a disposizione per il dialogo. D’altra parte ritengo fondamentale che ci sia un rapporto di fiducia tra medico e paziente, affinché il paziente possa affrontare il più serenamente possibile un intervento chirurgico.

 

 

 

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16 novembre 2010: IL GRANDE COCOMERO di Francesca Archibugi, Italia 1993, 96'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Questo film non mi ha coinvolto molto. Mi è sembrato ripetitivo e molto lento per cui in certi punti ho fatto fatica a seguirlo. Inoltre, considerando che sono passati 18 anni da quando è stato girato, mi è sembrato un po’ superato, soprattutto per quel che riguarda l’approccio dei medici alle malattie psichiatriche, che oggi immagino sia molto diverso da come è mostrato nel film.

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Questo film evidenzia l’importanza del rapporto di fiducia tra medico e paziente. Pippi, la ragazzina protagonista del film, accetta di aprirsi con Arturo e di farsi curare da lui soltanto nel momento in cui si rende conto che il medico si interessa a lei come persona e non solo in funzione della sua malattia. Ad esempio mi ha colpito molto come Arturo comprenda la solitudine di Pippi ed di conseguenza favorisca il suo inserimento nel gruppo di ragazzi dell’ospedale e, successivamente la incoraggi a prendersi cura del suo aspetto come avrebbe fatto una normale ragazza della sua età. In questo film si vede come l’attenzione ed il coinvolgimento del medico nei confronti del paziente possa portare a quest’ultimo molti benefici. Tuttavia mostra anche come un coinvolgimento eccessivo da parte del medico abbia anche ripercussioni negative. Arturo infatti è talmente preso dal proprio lavoro da dedicargli tutte le proprie energie ed il proprio tempo libero.    

 

 

 

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30 novembre 2010: LA FORZA DELLA MENTE di Mike Nichols, USA 2001, 99'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Questo film racconta gli ultimi mesi di vita di una donna, Vivian, malata di tumore. Anche in questo film vediamo come i medici abbiano un atteggiamento estremamente freddo e distaccato nei confronti della paziente limitandosi a brevi frasi di cortesia “come sta oggi?, come si sente?” di cui si capisce benissimo che nemmeno ascoltano la risposta. Questo film mostra due modi molto diversi di rapportarsi con una persona che sta morendo e per di più soffre molto. Il giovane medico probabilmente è toccato dalla sorte della donna, ma per non farsi coinvolgere e soffrire a sua volta preferisce fuggire e rifugiarsi nello studio teorico ( è emblematico il suo entusiasmo per le cellule tumorali, contrapposto all’indifferenza verso le persone).Considero il suo atteggiamento profondamente sbagliato. All’opposto l’infermiera è l’unica che sembra dare importanza alla dignità della donna: cerca di capire i suoi bisogni e anche di informarla dei rischi che comporta la sperimentazione a cui si è sottoposta, le rimane accanto anche se non c’è più nulla da fare e infine fa rispettare la sua volontà di non essere rianimata.

 

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Come ho detto questo film ci mostra diversi approcci al paziente malato terminale. Io penso che, non avendo ancora avuto molte esperienze in ospedale,se non per motivi personali, è difficile per noi studenti prevedere la nostra reazione alla sofferenza dei pazienti. Nel nostro avvicinarsi al malato penso che sarà fondamentale il rispetto e, cosa forse più difficile, l’empatia. Con questo non voglio dire che i medici debbano stare male quando un paziente muore: dovremo infatti ricordare sempre che la morte fa parte della vita, noi non possiamo sconfiggerla, ma possiamo accompagnare chi sta morendo fino alla fine rispettandone la dignità come persona.

 

 

 

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Da poco leggo i blog di due donne con il cancro: sono persone vere e raccontano quello che si prova molto meglio di come potrà mai fare un film. Io ci ho trovato molte cose su cui riflettere.

http://ilmiokarma.wordpress.com/

http://widepeak.splinder.com/

 

 

 


22 Marzo 2011: MEDICI PER LA VITA di Joseph Sargent, USA 2004, 110'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Questo film mi è sembrato molto interessante. Tratta il tema della ricerca in campo chirurgico e la storia è molto avvincente in quanto mostra le difficoltà a cui spesso deve far fronte chi si occupa di ricerca, come ad esempio l’ invidia e i pregiudizi dei colleghi, il lavoro faticoso e totalizzante che procura al protagonista una grande soddisfazione personale, a fronte di un’umile retribuzione e di  un molto tardivo riconoscimento a livello accademico. Inoltre mi hanno appassionato molto gli aspetti tecnici, che si vedono nel film, del fare ricerca, come quando i due protagonisti eseguono le tecniche chirurgiche sui cani per verificarne l’efficacia. Inoltre mi ha colpito molto lo spirito ottimista che anima i due ricercatori nel loro tentativo di spingersi oltre i limiti di ciò che era considerato all’epoca “possibile”. A questo proposito è molto significativa la scena in cui, uno dei colleghi del chirurgo più anziano cerca di dissuaderlo dal tentare l’operazione, perché, un eventuale fallimento avrebbe avuto ripercussioni negative sulla sua carriera.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Questo film mostra l’importanza della ricerca nella professione medica. Il sapere medico è in continua evoluzione e, al giorno d’oggi sembra che non possa esserci mai limite alle scoperte possibili in questo ambito. Penso che il lavoro del ricercatore sia esaltante per la consapevolezza di lavorare per un miglioramento della vita delle persone e per la sensazione di “fare la storia della medicina”, ma al tempo stesso possa essere anche molto frustrante quando non si riesce a raggiungere gli obbiettivi prefissati o l’impegno riposto in questo lavoro non viene riconosciuto. Basta guardarsi attorno per capire che il lavoro di ricercatore, oggi come oggi, sia più foriero di preoccupazioni e instabilità lavorativa (precariato) che di grandi riconoscimenti, visti anche i recenti tagli ai fondi per la ricerca. Tuttavia ritengo che, nonostante i numerosi ostacoli, chi è animato da una passione autentica, non riesce abbandonare questa strada, come il protagonista del film quando si rende conto che non può rinunciare al suo lavoro, perchè ormai fa parte di lui e si capisce che lo farebbe anche gratis.

 

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5 Aprile 2011: L'OLIO DI LORENZO di George Miller, USA 1993, 129'


Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Questo film è davvero molto triste, tra l’altro è tratto da una storia vera e racconta la storia di Lorenzo Odone, un bambino affetto da Adrenoleucodistrofia, una malattia molto rara e poco conosciuta, e la disperata lotta dei genitori per trovare una cura. Dopo mesi di ricerche riescono a trovare un composto ( poi chiamato olio di Lorenzo) che riesce a bloccare l’avanzare della malattia, ma non ha effetto sui danni al sistema nervoso provocanti precedentemente. Guardando questo film mi sono identificata nel padre di Lorenzo, il quale tenta di allontanare la componente emotiva del problema per poterlo analizzare razionalmente e trovare una soluzione. Il suo è un ragionamento deduttivo, fondato su passaggi logici molto rigorosi  e sull’ esperienza diretta ( infatti  consiglia l’olio agli altri genitori solo dopo aver constatato dei miglioramenti oggettivi nel figlio, in particolare la diminuzione della concentrazione di acidi grassi a lunga catena, dimostrata dalle analisi del sangue).






La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

In questo film i medici hanno un ruolo più marginale, di contorno. Soprattutto vengono criticati per il fatto che, nelle sperimentazioni di nuovi farmaci, si attengono a rigorosi protocolli, che possono durare anche diversi anni e quando finalmente il farmaco viene messo in commercio per molti pazienti è ormai troppo tardi. Inoltre viene evidenziato il fatto che la ricerca si concentra sulle malattie più diffuse, soprattutto per interessi economici, trascurando quelle molto rare come quella di Lorenzo. Purtroppo nella realtà un caso come questo della famiglia Odone è più unico che raro e se i medici incoraggiassero queste sperimentazioni “casalinghe” non farebbero altro che peggiorare la situazione alimentando false speranze. 







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19 Aprile 2011: PATCH ADAMS di Universal, USA 1998, 115'


Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

E’ uno dei film che ho preferito di questo cineforum. Finalmente un film in cui il protagonista è un medico in cui vorrei riconoscermi e a cui aspirare. Inoltre questo film non è assolutamente pesante da seguire per la presenza di scene molto divertenti e per la storia molto coinvolgente, per cui, guardandolo, il tempo è volato.



La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Questo film affronta tematiche molto importanti. L’importanza per uno studente di medicina di relazionarsi con le persone: Patch nel film cerca costantemente un contatto con gli altri e ha sempre un atteggiamento positivo e socievole, mentre il suo compagno di stanza, pur avendo il massimo dei voti, si trova in difficoltà a comunicare con i pazienti. Inoltre mi ha colpito quando Patch afferma che impara più cose andando in Ospedale e parlando con i pazienti, che sui libri di medicina. Secondo me questo è vero sia perché il coinvolgimento emotivo favorisce l’apprendimento di nozioni complesse, sia per la soddisfazione di aiutare realmente le persone, anche solo regalando un sorriso. 







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