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Fani Andrea

Page history last edited by Andrea 12 years, 6 months ago

PORTFOLIO

Ad ogni incontro devi esprimere i tuoi pensieri sul film proposto editando questa pagina e scrivendo nello spazio sotto a ciascuna domanda

 


12 ottobre 2010: CARO DIARIO di Nanni Moretti, Italia 1993 (IV episodio: Medici) 30'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Il protagonista di questo breve film è affetto da tremendi pruriti. Non trovando da subito una cura soddisfacente ai proprio problemi, si trova a fare una sorta di pellegrinaggio in diversi studi medici. Ogni medico effettua una possibile terapia spesso ricondcibile alle proprie competenze specialistiche . Sicuramente uno degli aspetti fondamentali che il regista ci ha voluto mettere in evidenza è la negligenza dei medici.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Credo che l'attitudine maggiore di una medico debba essere quella di saper ascoltare prima di tutto e successivamente di sapersi intercalare nelle vesti di chi ha davanti. La professione medica è complessa non solo da un punto di vista nozionistico-teorico ma anche da un punto di vista umano. Secondo me e' inverosimile ciò che a volte ci riserva la società ed i mezzi che ci circondano. La società in cui cresciamo ci fornisce di svariati metodi di comunicazione che vanno dalla semplice e arcaica lettera scritta a mano alle velocissime vie telematiche. Eppure se andiamo a vedere i fatti, ciò che oggi viene meno è la parola, il dialogo e soprattutto il saper ascoltare chi abbiamo davanti. Questi esempi li ritroviamo anche nelle cose piu semplici e non importa correlarle in casi medico-paziente. Forse dovuto ad un aumento dell'istinto egoistico indotto dalla socièta odierna, o forse dovuto allo stress giornaliero che ci mette a dura prova.

 

 

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

 

 


19 ottobre 2010: UN MEDICO UN UOMO di Randa Haines, USA 1991, 124'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Il film è centrato sul cambiamento delle attitudini lavorative di un brillante chirurgo di nome Jack Mckee. Il film lo possiamo dividere in due parti: la prima parte ci mette in risalto come il giovane chirurgo abbia una visione "materialistica" dei pazienti, incurante dei loro pensieri e delle loro sensazioni; nella seconda parte lo scenario cambia radicalmente e il chirurgo-protagonista si trova ad essere lui stesso malato di un tumore alla gola. Quello di ritrovarsi involontariamente nelle vesta di malato lo segnerà per sempre. Durante il periodo della malattia è fondamentale l'incontro con una giovane ragazza di nome June che ha avuto dignosi di tumore cerebale in ritardo. La sensbilità di June farà cambiare nettamente la visione di vita a Jack.  

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Le due figure mediche (ed anche di vita) che il film ci fa vedere possono essere messe a due poli opposti. La prima figura di medico è ovviamente un estremizzazione dell'indifferenza verso persone che hanno bisogno di aiuto e che cercano un minimo di rassicurazioni; la seconda è una visione di un medico piu paternalista che sembra immettersi nella vita del paziente. Partendo dal presupposto che, secondo me, gli estremismi non sono mai buoni, ne la prima ne la seconda  figura di medico è buona. Forse un punto di incontro tra le due potrebbe risultare migliore. L'indifferenza e l'altezzosità non sono buone e, a volte, portano a errori stupidi. Anche la troppa curanza potrebbe risultare a sfavore del medico sul lato affettivo. Un medico deve riuscire ad interagire col paziente sia con i propri mezzi tecnici professionali, sia con i mezzi umani e semplici di tutti.  

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

 


16 novembre 2010: IL GRANDE COCOMERO di Francesca Archibugi, Italia 1993, 96'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

"Il grande cocomero" è un film ricco di doppi significati. Brevemente il film tratta di un giovane psichiatra di nome Arturo che, appena uscito da una crisi coniugale, accoglie nel suo ospedale una bambina di nome Valentina soprannominata Pippi. Pippi rivela un carattere scontroso e provocatorio che implica dei difficili rapporti coi genitori, per cui Arturo si propone di tentare con lei una terapia analitica, studiandone attentamente le reazioni, al fine di portarla alla "normalità". Arturo in questa nuova piccola paziente trova qualcosa di diverso, un qualcosa che va oltre il normale rapporto medico-paziente. Lasciandosi trasportare emotivamente, Arturo cerca di entrare nella vita della bambina con vari metodi ed un fatto importante che noterà è proprio l'ambiente in cui Pippi sta crescendo. Il medico scopre così che l'ambiente familiare della ragazza é privo di sicurezza e di affetto, spesso superficiale e contraddittorio, ma al tempo stesso protettivo. Quest'ultimo fatto è ,secondo me, molto importante perchè rivede un po le vaire situazioni familiari odierne tese all'incomunicabilità.

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Come riportato sopra, ciò che mi ha fatto riflettere dopo la visione di questo film è l'incomunicabiltà nelle famiglie. Credo che il rapporto genitore- figlio oggi sia addizionato di complicanze rispetto alla generazioni precedenti. Una di queste può essere dovuta a tutti i fattori ansiogeni che inconsapevolmente ci circondano e di cui non possiamo fare a meno; oppure l'esigenza di lavorare di più del dovuto indotta da un eccessiva voglia di fare carriera che, a parer mio, non è un male, ma spesso può distaccare dagli importanti aspetti umanitari che dovrebbero rimanere primari. . Eppure, oggigiorno, sembra che sia una cosa comune il predominio di un istinto individuale su quello di gruppo o di famiglia. Tale problematica può essere adattata ad altri ambiti e non rimanere confinato al caso genitore-figlio, come per esempio in determinati lavori. Specie in ambito medico, può capitare che l'incomunicabilità sia un grosso problema. Un fatto che mi piaceva sottolineare del film è proprio la valenza simbolica di quando Arturo abbatte a martellate il muro di casa sua. Forse un segno di una reazione alla incomunicabilità che, per un'accezione più ampia, afflige un po tutta l'umanità.

 

 

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.) 

 

 

http://www.clicmedicina.it/pagine%20n%2025/incomunicabilita.htm

 


30 novembre 2010: LA FORZA DELLA MENTE di Mike Nichols, USA 2001, 99'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

 

Vedendo questo film sarebbero molte le cose che potrei direi. Quella che mi è più ridondante è la difficoltà di approccio con persone affette da malattie tumorali. Il film ci contrappone due esempi opposti: il rapporto freddo e distante che il medico ha con la protagonista di nome Vivien Bearing e quello dell'infermiera Suse, l'unica che tenta di stabilire un contatto umano. Oltre alla difficoltà di affrontare una malattia tumorale, la difficoltà della protagonista sono gravate dal cinismo dei medici e dalla sua solitudine.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

 

Con l'ausilio di immaginazione posso solo provare a pensare quanto sia difficile un rapporto con un malato tumorale. Tali difficoltà riguardano non solo i parenti che si trovano a vivere un episodio del genere, ma anche per il medico. Tutti riconduciamo alla figura del medico una persona preparata, pronta a tutto, pagata per il suo lavoro ecc.., ma spesso ciò che vela agl'occhi degl'altri è che il medico è una persona come tutti e che a volte si può ritrovare a instaurare delle emozioni con i proprio pazienti. Forse l'atteggiamento di cinismo che alcuni medici assumono con i loro pazienti è riconducibile ad una sorta di difesa emotiva personale o forse semplicemente perchè hanno sbagliato professione! Se tento di immedesimarmi in un paziente del genere credo che l'atteggiamento cinico del medico non farebbe bene al mio stato psicologico. Quindi come in tutte le cose l'equilibrio è la scelta migliore, anche se ritengo che saper regolare le proprie emozioni ed interagire con questo difficile tipo di paziente sia una cosa molto complessa.

 

 

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22 Marzo 2011: MEDICI PER LA VITA di Joseph Sargent, USA 2004, 110'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Questo film è un po diverso dagl'altri perchè mette in risalto il tema della discriminazione raziale in amito sanitario e la figura di un medico affascinato dal suo lavoro. Il film è ispirato ad una storia vera. I protagonisti del film sono: il dottor Alfred Blalock, un medico bianco, capo chirurgo e il tecnico di laboratorio Vivien Thomas, nero, ex falegname con il sogno di diventare medico. E' proprio la volontà e la passione di Thomas che si venne ad una importante svolta medica: quella di creare una innovativa tecnica chirurgica cardiaca per operare i bambini affetti dal cosiddetto morbo blu.

 

   

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

 

Possiamo dedurre che a volte è proprio la passione e la dedozione che una persona prova per il suo lavoro che lo porta a grandi risultati (indistintamente dal colore della pelle). Ne è un esempio il ragazzo di colore nero di nome Thomas che, grazie alla sua passione e spirito di volontà per il suo lavoro, riesce a trovare un salvezza per quei mabini affetti da una determinata patologia. Questo piccolo grande particolare è molto importante. Ognuno dovrebbe fare il medico se spinto da una volontà intrinseca di aiuto verso il prossimo, in cui nessun colore di pelle vince sugl'altri. Il tema della discrminazione raziale è purtroppo ancor'oggi un tema attuale anche se in diminuzione rispetto a qualche decennio fa. Negli ospedali tale prolematica sarebbe un ostacolo gravissimo perchè verrebbe meno un fondamentale aspetto: il dialogo. Invece l'ambiente ospedaliero dovrebbe vivere di un grande spirito di squadra in cui tutti sono uniti dall'obiettivo finale di sconfiggere il male delle persone.

 

 

 

5 Aprile 2011: L'OLIO DI LORENZO, di George Miller, USA 1993, 129'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Pensare che questo film è basato su una storia vera mi ha fatto riflettere ulteriormente. Provo un profondo dispiacere per la famiglia Odeone perchè spesso cerco di immedesimarmi in persone che vivono esperienze del genere. Ammirevole è la loro determinazione nel cercare una possibile cura per il piccolo Lorenzo, un gesto eroico da prendere d'esempio non solo per i medici, ma per tutti. Purtroppo sappiamo che le malattie rare sono poco studiate a causa dei miserevoli finanziamenti che alcune nazioni concentrano in questi studi. Questa prospettiva mi da un senso di emarginazione verso quelle persone che sono sfortunate e che nascono con queste patologie. Sicuramente un impegno economico maggiore da parte di qualche nazione (come per esempio l'Italia) porterebbe a risultati benefici per tutti. Questo secondo me è un atteggiamento che si dovrebbe adottare perchè a volte si assiste a degli sprechi economici raccapriccianti.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

La determinazione dei coniugi Odone nell'obiettivo di trovare una possibile cura al loro unico figlio Lorenzo ha sicuramente dato un bella lezione ai medici! I medici di fronte alla malattia di Lorenzo, non posson far altro che scuotere la testa, quasi come un segno di sconfitta. Secondo me quei medici devono apprendere l'atteggiamento tenace dei genitori di Lorenzo.... perchè secondo me c'è una soluzione a tutto... basta trovarla e, soprattutto, avere la voglia di trovarla!

 

19 Aprile 2011: PATCH ADAMS, di Universal, USA 1998, 115'.

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Un film in cui il protagonista è l'opposto di cinismo e indifferenza. Una storia alla quale si stenta a credere, ma che è vera e fantastica. Hunter (Patch) Adams è ricoverato in un ospedale psichiatrico in conseguenza di un tentativo di suicidio. Resosi conto di avere una certa predisposizione per il contatto umano, soprattutto con i suoi compagni d'ospedale, decide, una volta dimesso, di intraprendere gli studi di medicina. Nel mentre dei suoi studi si ritrova a far divertire con ogni mezzo alcuni malati terminali, rischiando l'espulsionedalla dalla facoltà. E' proprio questo spirito bizzarro e diverso dal comune che lo contraddistingue dagl'altri medici i quali hanno spesso un atteggiamento  indifferente e avido con i loro pazienti.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Non è mai semplice andare contro corrente. Specie per quanto riguarda un ambiente lavorativo dove ci sono dei vincoli da rispettare. La spregiudicaezza ma allo stesso tempo la naturalezza con cui Patch Adams si relaziona con gl'altri è qualcosa di raro e magnifico. Una dote innata di saper dialogare e di far ridere, perchè a volte un paziente cerca solamente delle conferme, un rapporto umanitario. L'indiffrenza e il cinismo sono due aspetti da trattare con le pinze in medicina.

 

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