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Dreoni Lorenzo

Page history last edited by Lorenzo 13 years ago

PORTFOLIO

Ad ogni incontro devi esprimere i tuoi pensieri sul film proposto editando questa pagina e scrivendo nello spazio sotto a ciascuna domanda

 


12 ottobre 2010: CARO DIARIO di Nanni Moretti, Italia 1993 (IV episodio: Medici) 30'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Questo film credo renda pienamente merito a due degli aspetti più importanti del rapporto medico-paziente, la capacità (o incapacità) del medico di ascoltare il paziente e il bisogno di quest'ultimo di essere ascoltato. Nanni Moretti, dall'alto della sua arte, è riuscito a riproporre questi temi in modo molto efficace e veritiero.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Le riflessioni che ha indotto, in effetti, credo siano importanti. Il film è riuscito a dimostrare come la superficialità dei medici che talvolta si manifesta nel trattare i segni clinici della patologia del paziente oppure la tendenza di associare quest'ultimi forzatamente all'ambito clinico della branca medica in cui ci si è specializzati (es.: i dermatologi che riconducono il prurito unicamente a irritazioni cutanee) possa indurre a errori nella diagnosi, che addirittura nel film non è mai stata fatta prima della scoperta del tumore. Ma l'errore dei medici in cosa consiste? Superficialità? Oppure incompetenza professionale? Se fosse un errore di superficialità, credo sia legato a un aspetto molto importante della professione medica: un atteggiamento di superiorità che talvolta si manifesta nei confronti del paziente. Quest'ultimo poi è il primo ad accorgersene, tant'è vero che preferisce recarsi in una clinica giapponese, con pratiche e conoscenze mediche più approssimative, ma dove i professionisti lo riescono a seguire, direi soprattutto dal punto di vista umano. La straordinarietà del film secondo me sta proprio nel riuscire a comunicare come sia questo poi l'aspetto più importante del rapporto medico-paziente: la cura e l'ascolto del paziente non solo lo mette a suo agio ma ne permette anche la diagnosi corretta. Credo che questo sia un aspetto che reputo, con sincerità, fondamentale nella professione medica e su cui, anche a lezione, c'è modo di soffermarcisi poco, come se si desse anche per scontato.

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

Questa riflessione che ho appena fatto mi ha fatto venire in mente un'affermazione che Honoré de Balzac fa nella sua opera "Il medico di campagna": la malattia del nostro tempo è la superiorità.

Sono forse i medici i primi a manifestarne i segni clinici? 

 


19 ottobre 2010: UN MEDICO UN UOMO di Randa Haines, USA 1991, 124'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Questo film è veramente molto efficace nel sottolineare l'importanza del rapporto medico-paziente, soprattutto sottolineando la figura del chirurgo e della sua spesso diffusa e, purtroppo, accettata definizione di professionista che si limita a "aprire, aggiustare e richiudere". La visione del film mi ha permesso una riflessione profonda su questo tema, cioè su quanto questa definizione banalizza e denigra il ruolo vero del medico chirurgo: ciò mi è stato reso possibile, infatti, seguendo nel film la "conversione" del protagonista, riprendendo il termine che abbiamo usato nel discussing successivo alla proiezione.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

La visione del film mi ha fatto riflettere sull'importanza dei valori umani nella professione medica. Per "valori umani" intendo la capacità di sapersi relazionare con il paziente, nel momento in cui gli si esplica la diagnosi, nel momento di disagio (per esempio, come detto in aula, quando si trova nudo nel letto, costretto ad essere visto da chiunque passi, come anche i parenti del paziente del letto accanto), ecc. . Importante inoltre la capacità di entrare nel "mondo" del paziente, cioè di cercare di valutare la situazione quanto più possibile seguendo gli schemi logici e cognitivi del malato. Infine, il sapersi porre nell'ottica del bisognoso, cioè rendersi conto, così come abbiamo detto in conclusione, di quanto anche il medico abbia bisogno del paziente, così come lui del primo: passo questo fondamentale per riuscire a mettere in pratica quanto detto prima e che il protagonista capisce piano piano durante il film, passando lui stesso "dall'altra parte", cioè diventando paziente, e valutando così diversamente anche i comportamenti di lui stesso e dei sui colleghi.

 

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16 novembre 2010: IL GRANDE COCOMERO di Francesca Archibugi, Italia 1993, 96'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Questo film è molto particolare perchè tratta delle malattie neuro-psichiatriche in modo originale: fondamentalmente, infatti, al centro della storia non vi è il malato, come avviene per molti altri film, ma protagonista è il medico che lo cura. Tratta, inoltre, di una realtà per me difficile da sentire vicina per due motivi: il primo è che nella mia esperienza di vita non mi è mai capitato di stare vicino ad un malato psichiatrico in maniera continua e operosa; il secondo è che il film, essendo datato, mi ha proiettato in una realtà ospedaliera talmente diversa da quella odierna, anche nei suoi aspetti gestionali, che inizialmente mi ha spiazzato, creandomi qualche difficoltà nel riuscire ad immedesimarmi in ciò che stavo vedendo.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Il film è stato singolare nella sua capacità di far alternare in me vari tipi di sensazione e riflessioni durante le varie fasi della storia: a volte mi concentravo sui malati ricoverati in reparto e su Pippi, altre, invece, rimanevo colpito dalla vita e dal comportamento del medico, il protagonista. La storia credo sia molto efficace nel sottolineare soprattutto un aspetto della vita del medico: l'importanza dell'equilibrio, dell'umiltà, del non sentirsi "onnipotenti". Arturo, appassionato della sua professione, si convince di riuscire a guarire tutti, in quanto consapevole delle sue capacità e conoscenze. Questo lo porta sì a curare in maniera efficace molti dei suoi pazienti, ma lo induce appunto anche nell'errore, essendo in parte responsabile della morte della bambina, a cui si era legata molto anche Pippi, per una negligenza nel consultare altri specialisti, per quel "delirio di onnipotenza" che è causa anche del suo tentativo di cercare nella sua professione, in maniera particolare nella cura di Pippi, l'unica ragione della sua vita. Questa è un tema molto importante ed è evidenziato magistralmente nel film: il rapporto umano profondo tra medico e paziente è una componente necessaria, fondamentale per la diagnosi e la cura del paziente, come sottolineato anche dal film di Nanni Moretti ad esempio, e può essere anche uno degli aspetti più belli dell'essere medico, ma se vissuto in maniera non equilibrata può risultare addirittura controproducente. Analogamente per quanto riguarda il rapporto tra vita privata e professionale del medico: è infatti proprio questo squilibrio che rende il protagonista infelice e a sua volta "malato", psicologicamente instabile. 

 

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30 novembre 2010: LA FORZA DELLA MENTE di Mike Nichols, USA 2001, 99'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Questo film è stato sicuramente quello che su di me ha avuto il maggior impatto emotivo e mi ha suscitato il maggior interesse. Infatti, per quanto al secondo anno del corso di laurea si possa essere convinti di cosa voler poi fare, l'oncologia credo proprio possa essere la specialistica che intendo intraprendere o, comunque, una di quelle che sto ora considerando con maggior convinzione. Il film è stato efficace nel sottolineare il delicato rapporto tra medico e paziente per quanto riguarda appunto le patologie tumorali. Il punto di vista del paziente, adottato nella storia, aiuta poi ancor di più a calarsi nella tragedia che il malato vive durante il suo percorso di malattia, nei vari suoi aspetti, e mi ha lasciato molto da pensare su cosa realmente significhi fare il medico, lo specialista in questo campo: una visione certamente più completa del "semplice" studio universitario. 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

La figura del medico proposta in questo film, così come sottolineato nella discussione successiva alla visione, non è sicuramente quella di un professionista attento alla persona in quanto tale, bensì piuttosto il paziente è considerato prettamente come oggetto di studio, "cavia" di un esperimento, un "ammasso di cellule" da trattare senza troppe preoccupazioni sul lato umano. Questo è evidente già dall'inizio e devo dire che ciò che sto per scrivere è una delle cose che mi ha colpito maggiormente. Proprio nella scena iniziale, il professore illustra la patologia alla protagonista, in maniera molto lucida e corretta, anche se in effetti vaga (per esempio, parla di tumore al quarto stadio, senza specificare che in realtà questo è anche l'ultimo, come la paziente stessa affermerà di scoprire soltanto dopo) e quest'ultima reagisce in modo molto distaccato, come se non si stesse parlando nemmeno di lei. Il medico non si cura dell'aspetto psicologico e umano della faccenda e infatti propone alla paziente una nuova terapia sperimentale, fondamentalmente con l'unico intento che questa accetti solamente per ricavarne risultati per la propria ricerca medica, non preoccupandosi di offrirle scelte diverse e di chiarire il suo stato di paziente terminale. Lo scopo della terapia era quindi indirizzato più che direttamente alla cura della paziente piuttosto, come già detto, al ricavo di dati sperimentali, che tra l'altro si rivelano anche buoni, in quanto la protagonista riesce a resistere a tutti gli otto cicli di chemioterapia. Inoltre, il disinteresse verso il lato umano della paziente si manifesta anche alla fine, quando per una banale disattenzione viene tradita anche la sua volontà di non essere rianimata. In conclusione, sia l'esempio piuttosto negativo dei medici sia l'uso nel film del punto di vista del paziente, con il sua dramma che si esplica con tutti i suoi disagi, aspettative tradite, delusioni e momenti di sconforto, mi hanno fatto profondamente riflettere su quanto delicato sia il ruolo del medico, soprattutto per queste patologie, spesso incurabili. Deve infatti saper abilmente trovare la giusta misura nella cura del malato, soprattutto riguardo all'aspetto psicologico e umano, oltre che all'abilità nel saperne gestire il lato prettamente clinico.

 

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22 Marzo 2011: MEDICI PER LA VITA di Joseph Sargent, USA 2004, 110'

  

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Credo che questo film sia veramente stimolante per noi studenti, per chi quindi inizia ad avvicinarsi al mondo medico. La fiducia che riesce a trasmettere nella ricerca e riguardo le potenzialità individuali è eccezionale, soprattutto se si pensa che questo è tratto da una storia vera. Inoltre, da un lato riesce a dar risalto al fatto che chiunque può raggiungere dei risultati importanti, nello specifico il protagonista Vivian, indipendentemente dalla laurea e dai certificati che si possiede; dall'altro lato esalta la meritocrazia: è evidente infatti che sono solamente il coraggio, la determinazione e le abilità di lui e del chirurgo Blalock che li portano alla riuscita di un'operazione considerata fino ad allora impossibile e, quindi, alla fama che ciò comporta loro.

Infine, poi, ritengo sia molto emozionante anche la storia raccontata.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

La sensazione che mi ha lasciato il film appena finito è poi il riassunto delle riflessioni stesse che ne induce: è bellissimo fare il medico, perchè se fatto con passione, può dare grandi soddisfazioni, sia dal punto di vista individuale che collettivo. Può decidere se è pronto a rischiare, può riuscire a portare avanti un protocollo sperimentale che porterà a grandi risultati, può innovare, come nel caso del dottor Blalock e dell'aiutante (e futuro dottore) Thomas, ideatori di una nuova tecnica operatoria. Certo, non è facile riuscire a trovare la giusta misura nel rischio, riuscire a capire quando sia giusto e valga la pena osare e quando no, però, a sua volta, credo sia, oltre che una grande difficoltà del mestiere, anche uno degli aspetti più particolari e affascinanti che lo caratterizzano. Le prospettive sono molteplici e interessanti e, con tutti i rischi del caso, possono condurre a grandi soddisfazioni.

 

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5 Aprile 2011: L'OLIO DI LORENZO di George Miller, USA 1993, 129'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Penso che questo film sia il più interessante che è stato proiettato. La storia è molto emozionante e offre tanti spunti. Il primo è senz'altro una presa di coscienza della drammaticità delle malattie neurodegenerative, a maggior ragione di quelle che compaiono in età pediatrica, come appunto nella maggior parte dei casi di adrenoleucodistrofia. Le grandi difficoltà e sofferenze che queste causano al malato e alla sua famiglia sono evidenti nel contesto di questa storia. Un altro aspetto particolare sottolineato dal film è l'amore dei due genitori e la peculiarità con cui affrontano la situazione. Oltre alla capacità di non arrendersi e darsi per vinti di fronte alla "sentenza" di morte data dal dottore, mostrano un atteggiamento costruttivo e "scientifico" assolutamente lodabile. Il padre, in modo particolare, nonostante il suo pathos paterno nei confronti del figlio, si dimostra lucido, con un comportamento medico esemplare, tant'è vero che gli è stata conferita, molto giustamente a mio modo di vedere, la laurea ad honorem in medicina.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Questo film, a mio parere, presenta una situazione molto particolare e quindi difficilmente generalizzabile. Ad una prima analisi, trascinati dal punto di vista e dall'emotività della storia, si tende a giudicare l'atteggiamento dei medici sbagliato, umanamente scorretto. In realtà, per quanto deprecabile possa essere il non mettersi in gioco in situazioni del genere, magari anche a rischio della propria reputazione professionale, il comportamento dei medici è, dal mio punto di vista, condivisibile. Infatti non è facile e non so quanto opportuno impostare cure su protocolli sperimentali ancora non esaminati con cura, in assenza di dati clinici precisi. In questo caso, è solo il coraggio e l'intuizione del padre che molto probabilmente hanno evitato una morte prematura del figlio Lorenzo ed è per questo degno di lode. Tuttavia quante volte ciò avviene? Non è inoltre sempre possibile trovare cavie umane per esperimenti, come avviene invece in questo caso nella figura della zia materna di Lorenzo, portatrice sana della malattia. Non è facile poi ricevere finanziamenti per la ricerca da parte di privati e case farmaceutiche, poichè l'interesse verso queste patologie rare è scarso, per motivi soprattutto economici e commerciali. Anche in questo aspetto è dunque molto apprezzabile l'impegno dei due coniugi Odone, totalmente dediti alla causa del figlio, anche da un punto di vista economico, finanziando privatamente i meeting degli specialisti e portando avanti ricerche personalmente. In questo senso, dunque, intendo la singolarità della situazione e mi sento di "scusare" i medici per il loro atteggiamento.

Infine, un'ultima riflessione sulle malattie neurodegenerative, molto interessanti da trattare sia dal punto di vista della pratica medica che della ricerca. Proprio in quest'ultimo campo da sottolineare è il Progetto Mielina, nato proprio dall'impegno di Augusto Odone, padre di Lorenzo. 

 

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19 Aprile 2011: PATCH ADAMS di Universal, USA 1998, 115' 

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Questo film, molto famoso e già visto, riesce a trasmettermi ogni volta un infinto amore nei confronti della professione medica. Patch Adams, nel suo dolore, nella sua ironia, riesce in modo mirabile a comunicare la passione per questo mestiere. Il film è inoltre molto ben fatto, sia per quanto riguarda la fluidità con cui scorre sia in virtù delle battute e degli sketch che include.

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

La principale riflessione che ha indotto in me questo film rispetto agli altri è riferita ad una scena particolare: lo scontro tra Patch e il suo compagno di stanza riguardo al loro diverso modo di concepire la professione medica. Quest'ultimo riprende il protagonista sul fatto che, per quanto importante sia il far divertire o più semplicemente mettere a proprio agio i pazienti, quello che alla fine conta, soprattutto per coloro che si trovano di fronte a una patologia particolarmente drammatica, sia in realtà il "curare" il malato. In realtà, lì per lì, con tutti i limiti che presenta un'affermazione del genere, mi sentivo di dar ragione a questo pensiero ed è proprio per questo che mi ha molto colpito la risposta di Patch, in due suoi particolari punti. Il primo è che non è necessario essere "stronzi" per essere un bravo medico, dal punto di vista prettamente clinico, ed in effetti è vero, indipendentemente dall'idea di medico che abbiamo in testa. Perchè mai la competenza professionale non dovrebbe andare d'accordo con l'umanità nella cura del paziente? Il secondo e più importante è quando afferma che la vita del malato è fatta di quantità ma anche di qualità del tempo che gli rimane da vivere. Questa è una riflessione, per certi versi anche banale, ma che poche volte in realtà consideriamo e considero ponderatamente. Il curare è visto spesso infatti unicamente come la personale lotta del medico contro la malattia e la morte, spesso dimenticandoci che la morte non può essere vinta e che il ruolo del medico è quello di aiutare e avere cura del paziente, dell'uomo, in senso lato, senza tralasciare alcun aspetto. Infatti, credo che sia questo l'aspetto più travolgente dell'esperienza di Patch Adams, al di là di una banalizzazione del suo mero anticonformismo e della sua lotta conto il sistema, quello americano nello specifico.

 

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