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Di Lorenzo Beatrice

Page history last edited by beatricedl 13 years ago

PORTFOLIO

Ad ogni incontro devi esprimere i tuoi pensieri sul film proposto editando questa pagina e scrivendo nello spazio sotto a ciascuna domanda

 


12 ottobre 2010: CARO DIARIO di Nanni Moretti, Italia 1993 (IV episodio: Medici) 30'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

 

"Caro diario" è un film in cui il regista e attore Nanni Moretti interpreta se stesso in una sorta di diario aperto, come suggerisce il titolo. L'episodio "Medici" racconta della sua odissea, vissuta realmente, e in parte filmata dalla vita reale, alle prese con un tumore, di cui si è reso consapevole solamente dopo una serie di pareri discordanti, consulti imprecisi, cure inutili e dispendiose. Partendo da un sintomo di crescente prurito agli arti, insonnia e dimagramento, si rivolge invano a molti "luminari" della dermatologia ottenendo solamente continue prescrizioni di farmaci, di vari tipi di shampoo e persino una vacanza in località balneare. Dopo aver provato anche con la medicina orientale, in seguito ad una tac, scopre la presenza del linfoma di Hodgkin, solo dopo ciò inizia la chemioterapia. Consultando un'enciclopedia medica, Moretti trova la conferma che i sintomi di questa malattia sono proprio quelli di cui ha sofferto e che aveva sempre portato in anamnesi. Con la delusione dalla categoria, che infatti porta il protagonista a dire :”I medici sanno parlare ma non sanno ascoltare”, l'episodio, raccontato al tavolino di un bar, colmo di tutti i prodotti acquistati, si conclude con l'amaro e sarcastico brindisi con bicchiere d'acqua a stomaco vuoto e la frase: “dicono che fa bene”.

Dalla visione del film e dalla successiva discussione sicuramente sono emersi  diversi elementi di riflessione come:

  •  visione della professione di medico circoscritta allo specifico campo di specializzazione e conseguente riduzione degli orizzonti di indagine nel risalire alle cause della malattia.
  •  incapacità del medico di ammettere la limitatezza della propria preparazione che con presunzione si isola e non apre ad altri campi di indagine.
  • comunicazione tra medico e paziente pressoché assente.  

 

 

 

 

 

 

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

 

A mio parere merita maggiore sottolineatura ed evidenza la mancanza di comunicazione tra medico e paziente.

Nel film questo aspetto é messo in risalto in diverse situazioni e momenti del racconto delle vicende del paziente.

La fiducia che il paziente ripone nella figura del medico diminuisce progressivamente, ogni volta che il primo si rivolge al secondo ...  Una sorta di climax negativo, più aumentano le visite e i medicinali da assumere più il paziente é sfiduciato e inizia a mettere in dubbio la competenza di chi gli sta davanti.

Alcuni episodi sono emblematici:

 

  • Nanni Moretti é nello studio di un medico e quest’ultimo gli sta prescrivendo dei farmaci; poco dopo l’inizio di uno sterminato ed ennesimo elenco di medicine il protagonista si alza ed esce dalla stanza e va a mettersi la giacca mentre ancora il medico sta scrivendo le ricette. I nomi dei farmaci rimbombano altisonanti, sembrano produrre una vera overdose di suoni nelle orecchie e nelle teste di chi ascolta. Questa reazione, ancorché cieca fiducia nei confronti del medico, a mio parere é una chiara manifestazione di incomprensione tra le due parti;  é indifferente che il paziente sia presente o meno nella stanza in un momento idi cruciale importanza come quello della somministrazione della cura.
  • Paradossalmente quando il paziente dimostra eccessiva fiducia in alcuni consigli che i medici danno (vestirsi con calze lunghe e maglia per andare in spiaggia)  il grottesco svela l’arcano. Ogni situazione, ogni visita é descritta e riprodotta in modo quasi comico, ma velata, come potremmo dire in modo pirandelliano, da un certo grottesco; si percepisce il comico, la comicità della situazione, ma subito dopo compare un sentimento di contrasto, negativo, tragico .... Da queste due percezioni opposte deriva il grottesco. Il tragico é mostrato sin dall’inizio e accompagna la visione di tutto il film; il protagonista nella prima scena sta facendo l’ultima seduta di chemioterapia. Lo spettatore prima di conoscere tutte le vicende della storia raccontata, conosce l’epilogo, la vera causa dell’odissea a cui é sottoposto il protagonista malato e paziente, un tumore. Il grottesco evidenzia molto bene la mancanza di compatibilità tra paziente e medico.
  • A lungo andare, nel racconto della storia, il momento della visita come atto principale, occasione di contatto concreto tra medico e paziente, non viene più mostrato, é messo in secondo piano... Tutto si riassume nella prescrizione di farmaci.
  • La lettura di tutti i foglietti illustrativi dei medicinali e il conseguente gesto di buttare via tutte le medicine che gli sono state prescritte rappresenta un atto di ribellione da parte del paziente. Non ha buon esito neppure la scelta di una clinica privata di medicina giapponese dove, sottolinea Nanni Moretti, “ tutti sono disponibili e simpatici”.
  • Alla fine del film il protagonista , in modo molto simbolico, si circonda di tutte le medicine che ha assunto in un anno per poi scoprire che in realtà non aveva bisogno di alcuna di quelle.

Credo che questo film sia una seria analisi e ammissione del deficit di relazione tra medico e paziente, aspetto fondamentale per diagnosi molto più precoci e risolutive. Penso che un buon rapporto  é funzionale all’operato del medico e alla guarigione del paziente. Ritengo che un primo passo per migliorare la comunicazione e attivare un'empatia positiva possa essere mettersi dal punto di vista del paziente e tenere conto non solo degli aspetti medici ma anche di quelli emotivi e umani. Di fronte a me come medico c'é prima di tutto una persona.      

 

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

Da “Mastro Don Gesualdo” di Giovanni Verga: “  … Ma siccome il malato soffriva tutti i tormenti dell’inferno, nella lusinga che qualcheduno trovasse il rimedio che ci voleva, per non far parlare anche i vicini che li accusavano di avarizia, dovettero chinare il capo a codesto, chinare il capo a medici e medicamenti. Il figlio di Tavuso, Bomma quanti barbassori c’erano in paese, tutti sfilarono dinanzi al letto di don Gesualdo. Arrivavano, guardavano, tastavano, scambiavano fra di loro certe parolacce turche che facevano accapponar la pelle, e lasciavano detto ciascuno la sua su di un pezzo di carta — degli sgorbi come sanguisughe. Don Gesualdo, sbigottito, non diceva nulla, cercava di cogliere le parole a volo; guardava sospettoso le mani che scrivevano. Soltanto, per non buttare via il denaro malamente, prima di spedire la ricetta, prese a parte don Margheritino, e gli fece osservare che aveva un armadio pieno di vasetti e boccettine, comperati per la buon’anima di sua moglie. — Non ho guardato a spesa, signor dottore. Li ho ancora lì, tali e quali. Se vi pare che possano giovare adesso... Non gli davano retta neppur quando tornava a balbettare, spaventato da quelle facce serie: — Mi sento meglio. Domani mi alzo. Mandatemi in campagna che guarirò in ventiquattr’ore. — Gli dicevano di sì, per contentarlo, come a un bambino. — Domani, doman l’altro. — Ma lo tenevano lì, per smungerlo, per succhiargli il sangue, medici, parenti e speziali. Lo voltavano, lo rivoltavano, gli picchiavano sul ventre con due dita, gli facevano bere mille porcherie, lo ungevano di certa roba che gli apriva dei vescicanti sullo stomaco…”

 

 

 


19 ottobre 2010: UN MEDICO UN UOMO di Randa Haines, USA 1991, 124'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Dalla visione di questo film ho capito ancora di più quanto é importante il rapporto tra medico e paziente e soprattutto quanto io voglia, nel mio piccolo, contribuire al cambiamento necessario affinchè il medico consideri il paziente in primo luogo come una persona e il rapporto acquisti il valore di relazione “calda” e positiva. Questo cambiamento deve cancellare l’identificazione del paziente con un semplice numero di letto, una cartella clinica, con titoli quali “il terminale”o come “un oggetto” da scrutare, tagliare e ricucire, da “aggiustare”...

Il medico non deve essere “quello che entra in sala operatoria aggiusta e poi esce”.

 

Il paziente é prima di tutto una persona e credo che il medico debba rapportarsi con lui partendo da questo presupposto. Il paziente ha una propria interiorità, un vissuto, un’anima, una sensibilità, un mondo di affetti, di dolore, di felicità propria e privata, ha una vita, é un essere animato ricco di valori e deve essere rispettato in quanto tale.

 

Credo che il medico, anche il “futuro” medico, debbano esserne consapevoli ancor prima di iniziare ad esercitare la professione, non soltanto quando si trovano ad essere nel ruolo di paziente e a vivere l’ esperienza della malattia a 360 gradi, sulla propria pelle... 

 

E’ proprio vero che fino a che non si vive una determinata condizione non si può acquistare sensibilità al problema!? ... Spero che il contributo già dato da tanti medici e le nuove aperture e sensibilità dei futuri medici possano trasformare in un’ area specifica di approfondimento e formazione questi primi tentativi, unico modo per dare il valore che merita al rapporto medico-paziente.


 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Questo film offre molti spunti di riflessione, é davvero ricco, un laboratorio sperimentale    dove poter analizzare i rapporti umani, tendo a sottolineare l’aggettivo “umani”! 

 

Nel film, come é emerso dalla successiva nostra discussione, compaiono figure diverse, quella centrale é il protagonista, il brillante e spregiudicato chirurgo McKee. 

 

Jack McKee é un chirurgo rinomato e riconosciuto da tutti i suoi colleghi, ammirato dagli specializzandi, che al momento di un’ operazione o in situazioni difficili non lesina battute e commenti che mostrano chiaramente la freddezza di una persona algida, priva quasi di una interiorità. Un’ironia che io definirei “disumana”, “robotica”, lo porta a dire questa frase: ” Noi siamo quelli che entrano, aggiustano ed escono”.

 

Quando gli viene diagnosticato un tumore alle corde vocali la sua vita cambia completamente, ne risentono sia la sfera professionale che quella affettiva e privata.

 

Nello stato fisico in cui si viene a trovare, inizialmente prevale il Chirurgo McKee, non l’Uomo McKee. Dopo la diagnosi fatta da una sua collega, che di certo non si fa problemi o scrupoli a comunicargli direttamente gli esiti con freddezza glaciale, McKee, nonostante tutto, nonostante le cure e la radioterapia, vuole tornare ad operare, vuole continuare la sua vita di chirurgo. Credo che ogni medico abbia in sè una dicotomia. Vive in lui sia l’Uomo che il Medico con la M maiuscola... L’uomo é la figura che lo accomuna al resto della specie; sarebbe importante che questa parte mitigasse e completasse la figura del Medico che é in lui, perchè non prenda il sopravvento quella freddezza e artificialità che la routine delle pratiche mediche finiscono per imporre. Nel film compare infatti sullo sfondo il mito di Chirone, mezzo uomo e  mezzo cavallo, un centauro.

 

Nell ‘odissea che McKee é costretto a vivere per affrontare la malattia, entra un altro importante personaggio, June, una donna alla quale é stato diagnosticato in ritardo, per colpa dell’assicurazione che non ha pagato, un cancro al cervello, le rimane poco tempo. I due diventano molto amici, il loro rapporto cambia profondamente il McKee Uomo, ma anche il McKee Medico.

 

Inizialmente, quando si conoscono, il chirurgo, che deve fare la radioterapia ed è in una sala d’aspetto, paziente insieme ad altri pazienti, racconta alla donna che un uomo che conosce suo padre, nelle stesse condizioni di June, é guarito, ce l’ha fatta...Una grande bugia, figlia del comportamento del medico freddo e spregiudicato??... La donna che inizialmente é sollevata e rincuorata, come se avesse ricevuto una boccata di ossigeno, scopre che é una bugia; affranta e precipitata di nuovo nella propria triste realtà chiede a McKee di non dire più bugie .. Da qui ha inizio la svolta, il cambiamento del McKee Medico.

 

Con June, McKee conosce e riscopre i valori umani, la solidarietà tra pazienti, rivaluta i pazienti per le persone che sono, ricchi di valori, costretti a convivere tutti i giorni con la malattia che logora le loro vite e li porta via dalle loro sfere private, dai loro affetti.

 

Jack regala a June un viaggio in Nevada per andare a vedere uno spettacolo di una celebre compagnia di danza che la donna ammira tanto e  che non ha mai potuto vedere per via delle estenuanti cure a cui é sottoposta. 

 

Invece di raggiungere la destinazione i due si fermano nel deserto, é June a volerlo.

 

Questa parte del film mi ha veramente colpito; la donna dice a McKee che vuole fermarsi perchè non sa quanto sia il tempo che le resta, il tempo che resta a quello che la malattia le sta portando via... Vuole viverlo questo tempo... I due danzano nel deserto, vivono quel tempo.  

 

McKee ha una famiglia, una moglie e un figlio; all’inizio quando scopre di avere un cancro e deve comunicarlo al figlio prevale la freddezza di McKee Medico, il chirurgo algido e senza scrupoli. Il fatto che si rivolga al figlio con le stesse parole che potevano essere scritte su un foglio di un referto medico mi ha davvero sconcertata!

 

Con la conoscenza di June, il rapporto con la moglie si incrina. La moglie fraintende ciò che é nato tra i due ma anzichè amanti sono  “condivisori” di un male che condiziona tutto ciò che si ha intorno,anche la propria visione del mondo. Anche questo il medico deve mettere in conto a mio parere! 

 

Altre figure da menzionare sono quelle di due medici. Uno é un collega di McKee che, in maniera interessata, farebbe di tutto pur di ottenere da lui la testimonianza a suo favore in un processo attivato da un paziente.

 

L’altra figura é quella del medico Bluefild, colui che parla ai pazienti sotto anestesia;  alla fine é a lui che si rivolge McKee quando sceglie di abbandonare le cure suggerite dalla specialista che lo ha seguito sin dall’inizio. E’ lui che lo opera e lo salva.

 

Due figure diverse e opposte di medici, che sottolineando due diverse deontologie, mostrano sicuramente la necessità di un percorso per mettere le capacità relazionali nella cassetta degli arnesi del medico, ma anche che ciò é realizzabile . Alla fine del film McKee,che dopo l’intervento perde la voce, riesce a parlare di nuovo e anche a recuperare il rapporto con la moglie di cui ha un disperato bisogno.. con la sua lavagnetta che usa per  “parlare” insiste a scrivergli “ho bisogno di te” . Riesce inoltre a riprendere la sua attività di chirurgo, un Medico nuovo però, che quando chiede di un paziente e uno specializzando gli risponde “chi il terminale!?”, non ci pensa due volte a rimproverarlo sottolineando che quel paziente ha un nome e un cognome, é una persona! Un medico nuovo che sa quanto sia importante che gli specializzandi, quindi futuri medici, vivano per 72 ore l’esperienza di pazienti sulla propria pelle all’interno dell’ospedale!

 

La prima operazione da nuovo medico in cui si cimenta, con esito positivo, é un trapianto di cuore, il cuore non solo come organo anatomico in sé e per sé ma anche come simbolo di valori e umanità! 


 

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

 

Corriere della Sera

 

 

 

PSICOLOGIA «RISCHI DEL MESTIERE»

Il medico ammalato spesso è curato peggio degli altri

Fiducia I dottori hanno molte preoccupazioni su alcuni aspetti della cura e così condizionano i colleghi

 

Un caso tutto particolare di incontro fra medico e paziente è quello in cui quest' ultimo è lui stesso un medico. L' argomento è poco studiato, ma si sa che si tratta di una relazione in cui diventa immediatamente difficile segnare confini precisi, e nella quale i ruoli finiscono inevitabilmente per mescolarsi e confondersi. Marcy Rosenbaum, dell' University of Iowa Carver College of Medicine, ha realizzato una ricerca su 30 medici di famiglia per scoprire quali fossero i problemi da loro rilevati con i colleghi che diventavano pazienti, e quali fossero le strategie messe in atto nella relazione terapeutica. «La sfida principale per questi medici è stato riuscire a separare i ruoli di medico, paziente, confidente, collega e amico» spiega la ricercatrice. «Inoltre, c' è il problema legato a ciò che in un simile tipo di relazione potrebbe essere dato erroneamente per scontato: ad esempio, quanto sa il paziente-medico della propria situazione, quanto vuole sapere?». In molti casi, il medico che fa l' esperienza di passare "dall' altra parte" è gravato da una serie di preoccupazioni che altri pazienti sentono meno. Ad esempio, chi avrà accesso alla cartella clinica? Quanti colleghi potranno leggerla? Lo studio indica che in molti casi viene chiesto apertamente di non riportare questo o quel dato in cartella, per proteggere la propria privacy. Ma anche il medico che si trova a curare un collega ha i suoi problemi. Come fare a chiedere informazioni molto personali, come quelle riguardanti l' attività sessuale? O l' eventuale abuso di alcolici, o di droghe? C' è il rischio di essere inopportuni o troppo invasivi? È a causa di tutte queste difficoltà aggiuntive che spesso i medici finiscono per ricevere dai loro colleghi trattamenti peggiori di quelli che ricevono i pazienti qualsiasi.
 

 

Di Diodoro Danilo

Pagina 60
(17 ottobre 2010) - Corriere della Sera


16 novembre 2010: IL GRANDE COCOMERO di Francesca Archibugi, Italia 1993, 96'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Non posso negare che la visione di questo film mi ha lasciato una strana sensazione! Se avessi risposto a questa domanda subito dopo i titoli di coda avrei sicuramente espresso pareri positivi, le sensazioni positive e appassionate che può lasciare un film così ricco di umanità!... Ma poi .. La luce si accende nella stanza e si é accesa anche nella mia testa, portando razionalità! ... Mi spiego meglio.. Questo film mi ha coinvolto maggiormente rispetto agli altri! Nel “Grande cocomero” emergono l’interiorità di ogni personaggio.. le passioni, le debolezze, persone che si rapportano con altre persone, relazioni umane,  che questa volta vengono prima del rapporto tra medico e paziente. Tutto ciò ti avvolge, ti cattura e ti trascina con sé, obbligando i tuoi occhi a fissare lo schermo.L’umanità  che arricchisce la trama di questo film però, se analizzata da un punto di vista razionale, é complessa, contraddittoria, il rapporto tra il medico e Pippi ne é la dimostrazione! Ripensando alla relazione che nasce tra i due ho trovato difficoltà ad analizzarla, non saprei definire che tipo di rapporto sia il loro. Mi hanno colpito le parole del medico alla fine del film. Si rivolge alla ragazzina e le dice che lei é il motivo per cui alzarsi tutte le mattine, un qualcosa che ha cercato da quando frequentava l’università, che ha cercato nella relazione con la moglie dalla quale si é separato e alla quale ha impedito di avere un figlio con lui .. per poi ritrovarsi ad amare i bambini, che ha cercato nei suoi amici, nel suo lavoro... Forse tutti cerchiamo qualcosa per cui svegliarsi la mattina... ma c’è chi se ne accorge e c’é chi non vuole ammetterlo, neanche con sé stesso .. e poi c’é chi la trova ... ed é davvero fortunato!Credo che un rapporto di questo genere tra medico e paziente possa nascere solo in rari casi e soprattutto come in questo caso, quando il medico si trova ad affrontare malati psichiatrici, la situazione é diversa, implica un comportamento differente che non esula certo dall’importanza che il rapporto tra medico e paziente ha in tutti gli altri casi patologici. Sicuramente il messaggio positivo che questo film dà é questo a mio parere: curando una paziente hai davanti a te prima di tutto una persona che é molto più di un corpo anatomico, che ha una propria interiorità e propri valori. Questa é una ricchezza che supporta la cura, arricchisce l’operato del medico e facilita la guarigione. Curando un paziente a stretto contatto, con premura e attenzione si raggiungono risultati importanti!


 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Mi ha colpito il rapporto tra il medico e Pippi; un rapporto molto complesso, variegato, con tante sfumature, senza paletti. Queste due figure, così in sintonia ed empatiche, non hanno ruoli definiti, riferibili ad un carattere specifico. Sono solo suffragate dal titolo che il ruolo ufficiale che interpretano dà loro. Il Medico e la Paziente.  Ho analizzato i due personaggi, per primo il medico. La sua figura é “contaminata” forse da eccessiva umanità??? ... E’ prima di tutto un uomo con molti problemi. La sua vita privata ne é la dimostrazione e anche la causa di questi problemi. E’ un uomo con tutte le sue debolezze. Ad una festa organizzata da amici si ubriaca e va a dormire in ospedale, quasi come se fosse il suo rifugio, la sua casa.  Una casa, intesa come luogo dove vivere e condividere la propria vita con altre persone, lui non ce l’ha!Passiamo a Pippi. E’ una ragazzina con l’epilessia. Il medico scoprirà, grazie alle sue attente cure, che le cause di questa epilessia non sono legate ad un deficit encefalico ma bensì alla sfera psicologica della ragazzina. Pippi ha una famiglia problematica , il rapporto tra la madre e il padre si regge soltanto sulla malattia della figlia, stanno ancora sotto lo stesso tetto solo perché a tenerli insieme é la malattia della figlia; così facendo pensano di farle del bene , ma non si accorgono che é proprio il loro rapporto incrinato la causa delle crisi di Pippi.La malattia oltre ad essere l’unico motivo di unione tra i genitori é anche vista come spiegazione e giustificazione delle manifestazioni fisiche che assume in Pippi!.. Si vuole rendere così la malattia “scientifica e misurabile”, proprio per non affrontare i veri problemi che stanno alla base e che hanno fatto da innesco. La madre non vuole neanche sentir parlare di “pazzia”, la pazzia non deve essere nominata. Pippi é una ragazzina molto intelligente e acuta, scontrosa all’inizio, vuole attirare l’attenzione su di sè e lo fa in diversi modi raccontando anche le bugie.. che lei definisce come espedienti “per aggiustare le cose che vengono male”.Mi é piaciuta molto la “diagnosi” che Pippi fa al medico, la sua visione del medico: “un granchio nella melma che si ciba delle sofferenze degli altri, assorbendole.”Pippi é il “Grande cocomero” che il medico stava cercando, il motivo per cui svegliarsi la mattina e stare al mondo. Questa dichiarazione che il medico fa alla ragazzina é molto importante; Pippi é diventata la sua ragione di vita. Il rapporto che c’é tra i due é il rapporto che si instaura tra due complici; il medico che le fa quasi da padre e madre insieme, presente in momenti importanti della vita come lo sviluppo, non può essere definito tale, é anche un suo amico, un confidente, la base su cui appoggiare il proprio mondo, su cui costruire la propria vita, la sua nuova sicurezza.Un rapporto profondo, importante, allo stesso tempo personale e professionale.Credo che questo rapporto “speciale” sia dovuto anche al fatto che le patologie psichiatriche portino ad affrontare le cure in modo diverso e quindi all’instaurarsi di un rapporto diverso tra medico e paziente.   Dal punto di vista pratico, il medico lavora in una équipe, in un gruppo, un insieme di medici con cui prende decisioni e ne condivide gli effetti.Come é emerso dalla discussione fatta dopo la visione del film, il lavoro di gruppo é molto importante per un medico e perchè sia supportato devono esserci anche finanziamenti economici, non basta purtroppo solo la passione!I medici devono prendere decisioni difficili; nel gruppo di lavoro si confrontano e valutano tutti i dati, i punti di forza e i punti di debolezza. Nel film emerge questo aspetto. Quando il medico sceglie, con il consenso di un suo collega, di trasferire una bambina con gravi disturbi neurologici, alla quale Pippi si era molto legata (andava sempre a trovarla cantandole   “ La donna cannone” di De Gregori) , dal reparto di Neurologia a quello di Psichiatria infantile, considerando le sue patologie curabili anche in quest’ultimo.Questa scelta, sempre messa in dubbio dal medico stesso, e dalla madre della bambina che chiede esplicitamente al primo se stesse facendo la cosa giusta, si rivela purtroppo, un grave errore. La bambina muore per emorragia cerebrale. Il medico aveva preso quella decisione prevedendo effetti positivi che il costante contatto tra le due bambine avrebbe portato alla situazione patologica di Pippi . Credo che in questo film il rapporto tra medico e paziente sia peculiare e circoscrivibile all’ambito delle malattia psichiatrica. Il rapporto medico-paziente dipende anche dal punto di vista del tipo di malattia con la quale il paziente  combatte. La malattia purtroppo condiziona non solo il corpo dell’uomo ma anche i suoi rapporti umani. Il medico deve interagire sempre con il paziente creando una relazione proficua e vincente.


 

 

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Allego qui un articolo di giornale molto interessante che ho letto a settembre sul Corriere della Sera. Questo riguarda uno studio condotto sul "Sesto senso" e la capacità di empatia tra due persone. Questo senso se esercitato può sfociare in amore ma anche in un rapporto aperto tra medico e paziente, tale da far aprire in modo chiaro la mente dell'uno all'altro e viceversa.

L'empatia tra Pippi e il medico é davvero evidente!... Forse ha a che fare con il "sesto senso"?! 

http://www.corriere.it/salute/10_settembre_28/coppia-sesto-senso-amore-perasso_c3d738e2-caf7-11df-8d0c-00144f02aabe.shtml

 


30 novembre 2010: LA FORZA DELLA MENTE di Mike Nichols, USA 2001, 99'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Questo film, oltre a mettere in evidenza un errato e negativo, direi anche fortemente controproducente, rapporto medico-paziente, mette in evidenza l’importanza di una nuova figura che lavora negli ospedali e del suo ruolo, l’infermiere.

Molto spesso medici e infermieri tendono ad avere contrasti e non riconoscono l’importanza degli uni per gli altri; il loro é un rapporto simbiotico. 

L’infermiere ricopre un ruolo molto importante all’interno dell’ospedale, necessario e indispensabile, al pari di quello del medico.

In questo film viene evidenziato inoltre la capacità dell’infermiera di instaurare con la paziente un rapporto più profondo. L’infermiera riesce a gestire il rapporto con la paziente in modo che io definirei “normale” ma per molti medici purtroppo dovrebbe essere definito “particolare.. quasi anormale”??? .... L’infermiera tratta la paziente prima di tutto come una persona e poi come una persona malata. Credo che questo sia dovuto anche al fatto che effettivamente gli infermieri sono le figure che in un ospedale stanno veramente a contatto con i malati, come ho potuto constatare durante il tirocinio del primo anno. Essi riescono a percepire i pazienti a 360 gradi, vivono i pazienti nella loro vera natura di persone prima di tutto. 

Purtroppo per il medico non é così, anche nel film appare come una figura negativa, piuttosto superficiale, non curante della paziente, sottovaluta anche la figura dell’infermiere peccando di eccessiva superbia, a mio parere.

La paziente Vivian per otto mesi accetta di sottoporsi a trattamenti di chemioterapia brutali e ripetuti; da insegnante che era, diventa oggetto di studio per altri. Viene considerata dai medici non come PERSONA ma come oggetto di sfida sul lavoro, caso da risolvere, senza ricevere il rispetto che ogni individuo, a maggior ragione un individuo malato, deve avere.

Credo che sia necessario che ogni paziente riceva il dovuto rispetto e venga aiutato nell’affrontare la propria malattia perché un malato non é un oggetto con un pezzo guasto o mancante, ma una persona prima di tutto, che contribuisce alla propria guarigione anche grazie al clima e all’ambiente fisico e affettivo in cui vive, ambiente in cui dovrebbe essere aiutato, supportato e incoraggiato.

“La forza della mente” deve esserci!...La linea tra la vita e la morte deve propendere verso l’unico versante della vita, fino alla morte! I medici devono infondere voglia di vivere e fino all’ultimo la speranza di vincere la malattia, senza comportarsi da robot privi di umanità e trattare il paziente come cavia da laboratorio, caso strano da analizzare e osservare come se fosse un extraterrestre!

So che ciò che ho scritto é in tutti i miei precedenti commenti... Ma non mi stancherò di ripeterlo e riscriverlo mai .... Il cambiamento é necessario e deve essere attuato! E’ meglio essere ottimisti e pensare che, anche se piccolo, il contributo di tutti noi studenti di medicina e di tutti i giovani possa fare la differenza e portare verso un rinnovamento!  

 

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Innanzi tutto credo sia importante sottolineare quanto sia necessaria la collaborazione tra medici e infermieri! ... Entrambe queste figure invece di farsi “guerra” dovrebbero unire sempre di più le loro forze e  garantire il migliore servizio ai malati!

Il medico deve riconoscere l’importanza del ruolo degli infermieri.

Inoltre ,come ho scritto anche sopra, il rapporto medico-paziente deve cambiare, bisogna evitare che si verifichino situazioni analoghe a quella del film. Il medico deve fare il primo passo e iniziare a considerare il paziente prima di tutto come una persona.

Inoltre vorrei sottolineare un altro fatto .. Credo che per la guarigione o miglioramento delle condizioni cliniche di un paziente sia molto importante e determinante il suo stato d’animo ! Il medico deve porsi nei confronti del paziente come una figura su cui fare affidamento, non solo dal punto di vista medico ma anche da quello umano! Il medico deve essere una sorta di confidente, amico e figura che infonde la forza e la possibilità di progredire e riuscire a sconfiggere la malattia! Credo che se questi propositi possano essere attuati la soddisfazione non sarà solo del paziente, che si sente considerato per quello che veramente é , quindi primariamente una PERSONA, ma anche del medico che salverà una vita.... una vita umana!    


 

 

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

Allego qui un articolo di giornale tratto da "La Repubblica" che riguarda gli infermieri e lo scarso numero di questi ultimi negli ospedali soprattuto nella regione Lombardia; per sopperire a questo deficit é stata fatta la proposta di assumere infermieri stranieri. Questa proposta é stata subito criticata dalla Lega.... Strano eh!?... Non voglio entrare in questioni politiche, é un articolo per riflettere sul lavoro in Italia e per capire come una figura importante come quella dell'infermiere non é certo un mestiere per tutti!

http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/12/03/news/stop_agli_infermieri_stranieri_la_lega_incentivi_agli_italiani-9821637/

 

 

 

22 Marzo 2011: MEDICI PER LA VITA di Joseph Sargent, USA 2004, 110' 


Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Ho apprezzato molto questo film!... Innanzi tutto perchè sottolinea una caratteristica importante che il medico deve possedere, il coraggio! Il medico deve avere fiducia in sè stesso e, dopo valutazioni approfondite, con apporto di cambiamenti , se necessari, deve far valere le proprie idee, anche se ostacolate da molti. Deve avere dedizione in quello che fa , condurre la giusta battaglia per perseguire le proprie idee e ciò in cui crede!... Questo tema fino ad ora, negli altri film, non era stato sottolineato e credo che sia importante! 

 

Un altro aspetto del film che mi é piaciuto molto é il completo abbattimento delle differenze razziali, il Dottor Blalock, medico bianco, benestante, capo chirurgo dell’ospedale riconosce l’importanza che il suo aiutante , Vivien Thomas ,nero, tecnico di laboratorio,ex carpentiere con il sogno di diventare medico, ha avuto nella carriera del primo, e così facendo dimostra come la pratica razzista sia disumana e soltanto da abolire! E’ inconcepibile valutare, condannare e denigrare una persona per la razza, per la provenienza, per il territorio dove é nata; credo che in questo periodo che stiamo vivendo questo tema sia importante da evidenziare, non esiste nord o sud, est o ovest che sia motivo di discriminazione per le persone!... Il dottor Blalock é una figura particolare, dietro al cinismo e all’egoismo che dimostra in un primo momento, si cela grande passione e devozione per il mestiere che svolge. Dopo tempo riesce a riconoscere l’importanza che il suo aiutante ha avuto nella sua carriera e nella scoperta che ha cambiato la chirurgia. Dietro alla voglia di spiccare, di essere riconosciuto in tutto il mondo per il grande chirurgo che é, colui che ha scoperto una tecnica chirurgica cardiaca innovativa, c’é un medico che nel tanto agognato bisogno di riconoscimento e prestigio mondiale, vuole “salvare il mondo”, ma non solo per sè stesso, per fini di merito personale, anche per salvare vite umane, a mio parere missione fondamentale del medico! 

 

I “bambini blu” vengono salvati da un medico bianco e un medico nero.... I colori e le differenze sono belle, arricchiscono il mondo che ci circonda e ci permettono di migliorarlo!!!

 







La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Credo che il medico , oltre a considerare il malato prima di tutto come una persona e allo stesso tempo comportarsi da persona, usando oltre la testa anche il cuore, deve mettere passione e dedizione in quello che fa! Credo anche che un pizzico di sana ambizione sia necessaria!.. Il medico deve essere una persona qualificata che si presenta davanti ad un’altra persona, il paziente,in difficoltà, bisognoso d’aiuto! Il medico con tutte le sue conoscenze deve saper intervenire al meglio; certo un medico come ho già detto é prima di tutto una persona e non una macchina programmata a non fallire mai , però perchè gli errori avvengano il meno possibile deve essere molto preparato e qualificato, per gli altri e per sè stesso!

 

Da questo film ho capito, come ho già sottolineato, che bisogna credere in noi stessi!... A volte non é così facile, ma quando si é davvero convinti delle nostre idee é necessario perseguirle fino in fondo, crederci, soltanto così possono realizzarsi e quello che mi da più fiducia é il fatto che oltre ad essere motivo di gioia per un medico automaticamente diventa, come in questo caso trattandosi di una pratica curativa, beneficio per l’umanità! 






Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

Allego qui un link con informazioni su Helen Taussig, un medico statunitense, fondatrice della cardiologia infantile, che scoprì la procedura per curare la "blue baby sindrome".

http://it.wikipedia.org/wiki/Helen_Taussig  





5 Aprile 2011: L'OLIO DI LORENZO di George Miller, USA 1993, 129'


Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Questo film mi ha coinvolto sin dall’inizio, molto bello, drammatico, toccante, forte... Un film che infonde coraggio, che sprona a continuare ad avere fiducia in sé stessi, a perseverare in ciò in cui si crede e cercare di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno!

 

La storia di Lorenzo mi ha appassionato molto come mi hanno appassionato il coraggio dei suoi genitori, la loro tenacia e la loro forza. 

 

La disperazione innesca un meccanismo tale da evidenziare e manifestare le qualità nascoste di ognuno di noi, una sorta di istinto di sopravvivenza che mostra la nostra forza , la nostra grande umanità, che é presente anche nei medici (in quelli del film é ben nascosta).... basta svelarla, tirarla fuori!.... E’ necessario farlo, saremmo donne e uomini a metà se ciò non accadesse!

 

Purtroppo ancora una volta, anche in questo film, i medici appaiono privi di umanità! 

 

Oltre a commettere un gravissimo errore di comunicazione quando parlano ai genitori della malattia di Lorenzo, dando loro alcuna speranza, non tanto di guarigione, quanto di un miglioramento o dell’allungamento della durata di vita del loro figlio, sono assenti durante tutto il decorso della malattia. 

 

I medici sono presenti soltanto come “ruoli” citati imprescindibilmente perché “protagonisti” nel luogo di cura che é l’ospedale. Non non sono presenti come “persone”, non sono umani , non sono presenti con la testa e con il cuore!

 

L’olio di Lorenzo e l’impegno che i genitori mettono nel tentativo di salvare il figlio non sono altro che prodotto  e manifestazione del grande amore e della grande umanità di queste fantastiche persone! E’ dai genitori di Lorenzo che dobbiamo prendere spunto, sono un modello da seguire; tutti dovrebbero comportarsi come loro, a maggior ragione i medici che ogni giorno si trovano di fronte a difficoltà, a persone in difficoltà, i malati, aiutandoli ad affrontare la loro malattia nel modo migliore. 

 

Il paziente in generale deve ricevere l’attenzione dovuta in ogni caso, qualsiasi sia la sua malattia. A maggior ragione Lorenzo merita ancor più attenzione proprio perchè é un paziente particolare, é un bambino malato che davanti a sè ha una vita intera da vivere! La malattia di Lorenzo é particolare,l’adrenoleucodistrofia, una malattia rara che avrebbe dovuto destare ancora maggiore attenzione nei medici, non solo da un punto di vista clinico! 

 

I medici avrebbero sicuramente dovuto considerare la reazione dei genitori nei confronti della malattia e della nuova condizione in cui il loro bambino avrebbe trascorso il resto della vita. La sfera psicologica del paziente e dei familiari, che sottolineo hanno un ruolo fondamentale  nel modo in cui il paziente affronta la malattia e quindi a maggior ragione beneficiari di molte attenzioni e supporto, sono completamente tralasciati, sono pressoché inesistenti!

 

Tutti questi particolari molto negativi sui medici per fortuna vengono oscurati dal grande coraggio e dalla forza che hanno i genitori del bambino! Riescono a documentarsi in modo molto approfondito sulla malattia del figlio e riescono a garantirgli una condizione di vita migliore anche se costretto a convivere ogni giorno con la malattia! ... In tutto ciò i medici dove sono???

 




La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

 

 

La figura del medico anche in questo film appare negativa! Credo che siano da sottolineare due gravi errori compiuti dai medici in questa situazione: un grande difetto di comunicazione nella modalità di informare i genitori della malattia del figlio e soprattutto l’assenza durante il decorso della malattia! 

 

I medici comunicano ai genitori che Lorenzo é malato e lo fanno in modo assolutamente sgarbato e privo di tatto, dicendo loro che le probabilità di un qualche miglioramento sono molto basse.... Credo che la comunicazione medico-paziente e medico-familiari sia fondamentale. I medici in questo film sembrano riferirsi ad un robot o ad un‘entità astratta quando parlano di Lorenzo, non parlano di una persona , ma soltanto di un caso clinico! Non mi stancherò mai di ripetere che il paziente é prima di tutto una persona e deve ricevere le attenzioni e soprattutto essere tratto da persona e non da macchina o robot! 

 

La comunicazione é importante!

 

Credo fermamente che il medico debba illustrare chiaramente e in modo più che veritiero le condizioni cliniche del malato senza edulcorazioni e senza tralasciare particolari negativi ma importanti! 

 

Le modalità di comunicazione però sono determinanti, non solo per il paziente e i suoi familiari che dopo quelle parole avranno una vita diversa, completamente cambiata e in un primo momento stravolta, ma anche per i medici stessi che, con quelle parole e da quelle parole, instaureranno un rapporto con il malato e la sua famiglia! 

 

Proprio a partire da quelle parole, i medici ricevono la collaborazione dei familiari e del malato! Questa collaborazione, mediata dalle parole, facilita il lavoro dei medici, apportando soltanto miglioramenti al piano di cura e di intervento per sconfiggere la malattia.

 

Secondo e gravissimo errore: la totale assenza dei medici durante il decorso della malattia!

 

Dove sono i medici???.... Sono assenti, se sono presenti lo sono solo come figure associate all’ospedale e alla malattia, i medici come persone che hanno una testa , un cuore e una buona dose di umanità non ci sono!

 

Credo che un medico debba seguire i proprio pazienti sempre, non solo a livello clinico, ma preoccupandosi anche del loro stato psicologico e quindi preoccuparsi anche di chi sta loro vicino, i familiari, aiutandoli a vivere meglio, infondendo in questi un minimo di fiducia nell’andare avanti, anche nel peggiore dei casi! 

 

Questi medici avrebbero semplicemente dovuto tirar fuori l’umanità che é in ognuno di noi! La capacità di infondere fiducia e forza e l’umanità sono a mio parere caratteristiche fondamentali che un medico deve possedere!

 

Ogni medico deve saper “ragionare con il cuore”, é un ossimoro forse, ma dal miscuglio tra ciò che deriva dalla testa e ciò che deriva dal “cuore”, a mio parere risulta la vera essenza di ogni medico, prima di tutto una persona, che sa regalare il suo sapere e le sue conoscenze agli altri, aiutandoli, ma anche la sua umanità!

 








Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

Allego qui due link a siti che danno maggiori informazioni sulla adrenoleucodistrofia e sulle caratteristiche dell'olio di Lorenzo, riconosciuto come cura nel 2005; inoltre sono contenute informazioni sulla morte di Lorenzo, avvenuta nel 2008 quando quest'ultimo aveva 30 anni.

 

http://www.dica33.it/argomenti/malattie_rare/ald/ald3.asp

http://it.wikipedia.org/wiki/Adrenoleucodistrofia



19 Aprile 2011: PATCH ADAMS di Universal, USA 1998, 115' 


Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Uno dei miei film preferiti! Ogni volta che lo guardo si risveglia in me, sempre più forte, la passione per la professione medica. Come se questo film alimentasse ancor di più quella fiamma che mi ha spinto a scegliere questa facoltà, quando lo vedo ogni volta mi dico “quello che vorrei diventare é un medico come Patch, un Medico con la M maiuscola!”

 

Il film esprime nel migliore dei modi ciò che un medico dovrebbe essere; la figura del mitico Patch e la bravura di Robin Williams riescono a riassumere tutte le caratteristiche di un vero medico!

 

Questo film é appassionante,coinvolgente, la dedizione che Patch ha per il suo lavoro, che proprio lui non considera come tale, ma una vera e propria condotta di vita che lo porta ad abitare nello stesso luogo dove cura i suoi pazienti, é davvero eccezionale! Finalmente un esempio positivo di medico... Esempio da seguire fedelmente! 

 

Devo dire che ogni volta che rivedo il film noto sempre particolari differenti e ogni volta in un modo o nell’altro rimango sempre stupita, questo é davvero una sorta di “Manuale delle Giovani Marmotte” che un medico dovrebbe portare sempre con sé!

 

Questa volta mi ha molto colpito una giustificazione che più di un medico dà nel spiegare il distacco umano dei medici dai pazienti: il transfert! Per giustificare l’atteggiamento freddo, distaccato, spersonalizzante che il medico ha nei confronti del paziente non si dà più come spiegazione la consuetudine o il conformismo, questa volta nel film si cerca di giustificare questo tipo di comportamento in maniera scientifica, addirittura psichiatrica! 

 

Il medico non deve rapportarsi in maniera umana con un’altra persona, sottolineerei anch’essa umana e per di più in difficoltà, in modo umano, pronto a fare di tutto per garantire lei/lui una degenza migliore e le “forze psicologiche” oltre che le “armi cliniche” per combattere la malattia?!?!?! Perchè bisogna interpretare il transfert solo in modo negativo!?... Forse perchè diventi una giustificazione ufficiale e ufficiosa!?

 

Un altro aspetto del film che mi colpisce sempre e conferma ciò che credo una cosa fondamentale nella vita di ognuno di noi è questo: prima di parlare, sentenziare, esprimere massime e prendere decisioni, bisogna sempre calarsi un minimo nei panni della persona che si ha di fronte! 

 

In questo contesto, nel rapporto tra medico e malato a mio parere é fondamentale! Un medico - Patch addirittura all’inizio del film fa la parte del malato -  deve calarsi nei panni del malato, cercare di entrare nella sua ottica, provare a pensare alla vita del primo e a quanto la malattia possa cambiarla! In seguito a ciò un medico può reagire e agire, implicitamente la sua reazione e azione saranno come quelle di Patch: aiutare il malato non solo da un punto di vista clinico ma anche umano, aiutarlo a vivere meglio la malattia. Solo così il medico e il malato potranno vincere la loro battaglia! L’unione delle forze ha alla base un rapporto saldo tra medico e paziente che, diventando complici, sicuramente avranno risultati migliori!

 

Patch riesce a diffondere amore e umanità da tutti i pori; ci sono poche persone così, ma se ogni futuro medico nel suo piccolo cercherà di ricordarsi di lui ogni volta che sarà di fronte ad un paziente, qualcosa sicuramente cambierà!  

 






La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Questo film offre moltissimi spunti di riflessione sulla professione del medico.

 

Quando penso ad un “vero” medico, come ho già detto, penso a Patch Adams! Mi piacerebbe avere un compagno di corso come lui e sicuramente vorrei un medico curante come lui! 

 

La sua dedizione in ciò che fa é davvero fantastica, ogni medico dovrebbe averla! 

 

Molto bella la scena della clown-terapia nel reparto dei bambini malati di cancro; é da lì che l’ospedale vedrà una vera rivoluzione, così Patch entra in scena, grazie a Patch il rapporto tra medico e malato viene ossigenato!

 

Credo che in Hunter Adams ,detto Patch, siano riassunte tutte le qualità che un medico deve avere: deve essere molto preparato dal punto di vista clinico e didattico, deve riuscire a tirare fuori il più possibile tutta l’umanità che ha dentro, deve rapportarsi con il malato prima di tutto considerandolo una persona, con un Nome, non come una cartella clinica o un numero di letto!

 

Credo che la figura di Patch sia davvero eccezionale e singolare, però ogni medico e futuro medico può, anzi deve, prenderlo come un esempio, deve seguirlo, come fanno i suoi amici e compagni di corso!

 

Il suo entusiasmo contagioso é davvero vitale,una sorta di medicina , che riesce a diffondere in tutto e tutti quelli che gli stanno intorno. Un medico ha in sè energia e umanità che deve donare. Ogni persona deve donare qualcosa a chi le sta intorno, il medico ancora di più!

 

“Donare” é un ‘azione che gode della proprietà transitiva. Un medico donando fa del bene al malato, lo aiuta, non solo con le cure ma anche donando lui umanità, facendo in modo che le sue armi nell’affrontare la malattia si fortifichino,allo stesso tempo il medico é gratificato dal suo operato, é gratificato dal rapporto che si instaura con il malato, donando, dona anche a sé stesso!

 

Patch va contro ogni conformismo a cui l’ordine dei medici fino a quel momento era stato abituato; nel suo anticonformismo riesce a contagiare anche i medici che alla fine si rendono conto di quanto obiettivamente sia ingiusto impedire ad una persona come lui di completare gli studi e diventare a tutti gli effetti un medico! A volte, molto spesso direi, uscire dagli schemi imposti credo che apporti modifiche e cambiamenti proficui, in questo caso molto importanti per migliorare il rapporto medico-paziente! 

 

Un altro importante aspetto da sottolineare a mio parere é questo: l’approccio diverso e sin dall’inizio umano, che io definirei “normale”, ma che per un medico dei tempi di Patch e purtroppo anche dei nostri tempi non lo é, che Adams ha di fronte ad un malato! Il suo modo di rapportarsi, la modalità con cui entra in contatto con le persone in difficoltà é così naturale da costruire anche solo con il tono della voce una sintonia, vera empatia con chi gli sta di fronte! Come ottiene tutto ciò?!?! .... Semplicemente considerando il malato che gli sta di fronte come una persona prima di tutto, chiamandolo per nome e ascoltandolo! 

 

Patch é una figura davvero eccezionale e nella sua eccezionalità é un esempio da seguire. Certo ognuno ha il suo tipo di carattere e quindi riesce in modo sempre diverso a tirare fuori l’umanità che c’é in lui, ma credo che con piccoli passi e soprattutto coltivando la capacità di ascoltare chi ci sta di fronte, i medici potranno migliorare sempre di più il rapporto che hanno con il malato!

 

Vorrei sottolineare infine altre due vicende del film come spunti di riflessione sulla professione medica: la morte della ragazza di cui Patch si innamora e il discorso finale fatto davanti alla commissione dell’ordine dei medici.

 

Il primo episodio a mio parere sottolinea la grande umanità di Patch e un atteggiamento che ogni medico dovrebbe avere. Patch dopo la morte della ragazza, uccisa da un paziente da cui questa si era recata per portargli aiuto, entra in crisi, si auto-accusa della morte della ragazza, é stato lui ha trasmetterle quell’idea di medicina che l’ha portata alla morte, che l’ha portata a soccorrere una persona in difficoltà il prima possibile correndo ogni rischio.

 

Patch vuole abbandonare tutto quello che ha costruito, la soluzione più facile!? .. Fuggire!

 

Potrebbe ricadere nel suo passato quando ha tentato di uccidersi, ma riesce a reagire in tempo e, grazie alla sua grande coscienza, a portare avanti ciò che sta costruendo: un grande contributo nel migliorare il rapporto tra medico e paziente! L’autocritica é molto importante, Patch inizialmente si sente colpevole, in maniera ingiusta, ma il fatto di mettere in discussione sé stessi in qualsiasi situazione é importante. Per un medico é a mio parere ancora più importante, dall’autocritica si costruiscono miglioramenti che sicuramente portano il medico a considerare il paziente in modo differente.

 

Infine mi hanno colpito le semplici parole di Patch :” Un medico che cos’é? Se non colui che aiuta il prossimo!”. Queste parole insieme al discorso finale davanti ai rappresentanti dell’ordine dei medici credo siano l’essenza del film, l’essenza di un medico!

 

Un medico deve avere grande preparazione e garantire al malato le cure più adeguate, che lo salvino dalla malattia, ma non basta... Come dice Patch: ”Noi dobbiamo curare la persona oltre che la malattia!” ...Un medico deve considerare il malato prima di tutto come una persona, donare lei/lui la propria umanità oltre che la preparazione, ascoltarlo! Il medico inoltre deve trasmettere in questo rapporto la dedizione che ha per il suo lavoro, la passione, che porta a considerare la propria professione non solo come un impiego che ti fa guadagnare soldi e ti mantiene, ma come molto di più, una condotta di vita, un completamento e un’integrazione necessaria alla propria vita!  

 

Ho apprezzato molto la scelta di questo film a completamento del ciclo di Cin@med, un esempio positivo che trasmette grande ottimismo e ancor più il desiderio di diventare medico, perché anche nel nostro piccolo ognuno di noi può cambiare qualcosa!  

 







Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

Allego qui i link al sito e al blog di "M'illumino d'immenso", un'associazione onlus formata da ragazzi e ragazze che si occupano di clown-terapia e non solo, nell'ospedale di Ponte a Niccheri a Firenze.

http://0-0clownterapiaonlus.weebly.com/

http://m-illumino-d-immenso.blogspot.com/

Inoltre ,a conclusione di questo ciclo di film, colgo l'occasione per allegare una lettera scritta da Claudio Messora, giornalista web,indirizzata al  responsabile della Direzione Sanitaria dell'ospedale Luigi Sacco di Milano. Purtroppo,con questo link, la mia non é una conclusione di certo ottimistica! Leggere questa lettera fa capire come ancora oggi -questo episodio risale a pochi giorni fa- il rapporto tra medico e paziente é minato da seri problemi, i cui effetti purtroppo vanno a ricadere quasi sempre sul malato. Questo é un monito a cambiare!!!... Affinché non ci sia più il bisogno di scrivere altre lettere o articoli di giornale simili.... Oltre all'informazione l'arma vincete é il piccolo contributo di ognuno di noi a cambiare!.... Perchè fatti e dinamiche del genere non accadano più!

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/04/21/il-paziente-italiano/106109/


 

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