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Caramelli Francesca

Page history last edited by Francesca Caramelli 13 years ago

PORTFOLIO

Ad ogni incontro devi esprimere i tuoi pensieri sul film proposto editando questa pagina e scrivendo nello spazio sotto a ciascuna domanda

 


12 ottobre 2010: CARO DIARIO di Nanni Moretti, Italia 1993 (IV episodio: Medici) 30'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Questo breve pezzo di "Caro Diario" prima di tutto mi fa sperare di non diventare un medico come quelli cui il protagonista si affida. Capisco per quale motivo alcune persone non hanno la benchè minima fiducia nelle consulenze mediche ma sono anche convinta che ci siano dottori veramene molto bravi a giro e sono quelli a cui ci dovremmo ispirare.

Quello che mi è subito saltato all'occhio, forse perchè era una delle prime scene del film, è stata la scarsità di materiale ospedaliero; ciò può essere riferito ad un periodo storico ma non è raro sentir parlare al telegiornale della mancanza di fondi per materiali diagnostici e quant'altro, sebbene la situazione odierna sia molto meno grave e non si vedrà mai una terapia attaccata ad una gruccia su una scala.

Secondo mi ha colpito il modo in cui i vari medici trattavano il paziente durante le varie visite: non soltanto con noncuranza e freddezza ma come se fosse un vero e proprio manichino con il quale divertirsi a fare diagnosi.

Terzo è veramente brutto osservare come dei medici debbano rimanere "confinati" nella loro specialistica e nel loro orgoglio. 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Il nostro compito dovrebbe essere quello di prenderci cura della persona, e con essa includo anche la sua psiche, e non soltanto della sua patologia. Se un paziente vede che il suo dottore è disponile, aperto e umile sarà anche più facile per lui seguire una cura. Non è detto che una cura sia necessariamente quella giusta, penso che anche i medici possano sbagliare benchè siano consapevoli di aver fatto a dovere il loro lavoro dando il 100% in qualsiasi momento(questo non dovrebbe mai accadere perchè noi "giochiamo" con la vita delle persone però errare è umano). Certo è ovvio che nel diventare dottori si possa, talvolta per furia o per i troppi pazienti da visitare, tralasciare alcuni particolari; io parlo ora perchè è facile e non so come diventerò in futuro anche se credo che l'importante sia comunque provare a fare del nostro meglio ricordandosi le piccole cose che abbiamo imparato e che impareremo oltre alle nozioni più prettamente cliniche. Essere dottori non significa dover prescrivere medicine e farmaci diversi da quelli di altri medici che prima di te non hanno saputo risolvere un "caso" ma è sapersi approcciare alla persona, a tutti gli aspetti del suo malessere e, come è stato detto il aula, saperlo ascoltare.

Il medico, come ho già scritto, dovrebbe essere colui al quale appoggiarsi non soltalto per curare uno stato di malessere fisico perchè il paziente vedendo in noi delle figure a cui potersi rivolgere in qualsiasi aspetto della sua malattia, sia fisico che psichico, è portato ad avere un diverso rapporto con quella che è la sua patologia. 

Dovremmo essere persone umili, senza pregiudizi e che soprattutto abbiano il coraggio di ammettere di aver sbagliato e tornare indietro sui propri passi. Credo anche che, pure questo è un dibattito già affrontato, tutti, medici e non, siamo troppo abituati a guardare solo nel nostro recinto, le lauree specialistiche sono giuste ma se condotte con saggezza e giudizio proprio perchè è spesso la visione generale delle cose che porta alla soluzione migliore. Prima il generale e poì il particolare. Dopotutto il paziente è un essere integro e complesso non assimilabile ad un solo organo od apparato.

 

Allega tutte le integrazioni che vuoi (articoli di giornale, riferimenti a film, documentari o video, citazioni da libri, poesie, immagini, siti web, ecc.)

 

Nello scrivere mi è tornata in mente una lezione di storia della medicina dell'anno scorso durante la quale ci è stato spiegato il triangolo Ippocratico. Già Ippocrate con il suo triangolo Medico-Malattia-Malato indicava che il medico deve curare il malato e sconfiggere la malattia ma a sua volta è anche il paziente che può e deve aiutare il medico, e ciò significa che il medico deve necessariamente ascoltare il paziente. Questo era un concetto chiaro e anche ben elaborato; se anche noi dovessimo perdere la capacità di ascoltare i nostri pazienti per la smania di aver ragione nell'aver elaborato la giusta diagnosi forse è il momento per ripensare ai nostri atteggiamenti. 

 

 

 


19 ottobre 2010: UN MEDICO UN UOMO di Randa Haines, USA 1991, 124'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Secondo me esprime veramente bene il problema di molti medici: il non sapere più come è essere pazienti. E' naturale vedere la professione medica in modo unidirezionale però ciò che anche il protagonista ha sperimentato è lo stare dall'altra parte, quella parte in cui non tutti i medici ti trattano con rispetto e dove ci si accorge veramente di come certe cose nella burocrazia ospedaliera non sono giuste (sia per quanto riguarda il doversi attenere alle disorganizzazioni sia per il rischiare la vita perchè l'assicurazione non può pagare le spese per una diagnosi). 

Non è facile accettare di essere malati, a maggior ragione se si tratta di malattie gravi, ma credo che per un medico sia anche più difficile perchè abituato a combatterle per gli altri le malattie e non per se stesso.

Mi è dispiaciuto poì osservare come il fatto di essere colleghi può farti vedere in modo distorto una situazione grave di cui sai perfettamente di cui è la colpa; nella sanità non ci dovrebbero essere queste cose ma soprattutto si potrebbe fare lo stesso discorso che era stato proposto per l'altro film: un medico dovrebbe essere in grado di riconoscere quanto sbaglia e avere l'umiltà di tornare indietro.

Oltre a questo aspetto negativo la cosa che mi ha ovviamente colpita è stato il cambiamento radicale del protagonista: da cinico chirurgo che entra in sala operatoria, aggiusta ed esce, a uomo la cui vita è stata sconvolta (prima dalla malattia, poì dall'incontro con June e dall'essere paziente), che inizia a capire che è più importante il viaggio che non la meta, e infine a medico nuovo che riesce ad ascoltare, ad essere presente non solo come colui che ti può guarire ma anche come amico che ti tiene la mano nel percorso di guarigione.

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

E' necessario non perdere mai di vista il punto di vista del paziente e provare a calarsi nei suoi panni ma soprattutto ricordarsi che abbiamo di fronte una persona e che anche noi medici siamo persone e non macchine. 

Essere medici non significa soltanto sapere quanti e quali nervi, muscoli o vasi si trovano nel nostro corpo ma significa anche avere la forza di far parte del presente del nostro paziente e interessarci di lui e non soltanto della sua cartella clinica.

C'è chi tra di noi potrà avere la sfortuna di provare cosa significa essere pazienti sulla propria pelle e chi fortunatamente (o in parte sfortunatamente) non lo capirà mai. Quello che ribadisco è che la cosa più importante sia provare ad essere i migliori medici che potremmo mai diventare.

 

 

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16 novembre 2010: IL GRANDE COCOMERO di Francesca Archibugi, Italia 1993, 96'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

 

Quello che più mi ha colpito è il protagonista di cui ci sono cose che condivido ed altre nel suo comportamento che al contrario mi sento di criticare.

Arturo con la sua passione, le sua dedizione e, molto probabilmente, anche con la sua pacatezza è riuscito ad entrare in contatto con tutti i ragazzi del reparto di neuropsichiatria portandosi ai loro livelli, giocando con loro, facendoli sentire capiti e non accettati perchè ragazzi con problematiche particolari. Egli ha saputo scindere la professione di medico dal guadagno e lo si capisce quando parla con i suoi colleghi, anche questa cosa nettamente positiva dato che il confronto può risultare utile ai fini della cura, prediligendo il dolore dei suoi pazienti e il sentirsi appagati nel vedere le persone guarire. In questo lo critico però, sembrava quasi essersi ammalato di ciò che aveva intorno e del male altrui, come se per lui fosse necessario il dolore altrui per sentirsi utile e felice, benchè questo compito fosse da lui svolto nel migliore dei modi. 

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

 

Forse la visione del film dovrebbe di nuovo indurci a capire che noi siamo/ saremo sì medici ma il nostro compiti sarà non soltanto curare la malattia ma curare anche la persona in sè rendendole il percorso di guarigione più facile trattandoli appunto come esseri umani e non come portatori di una qualche patologia. E infine dovrebbe anche farci capire che dobbiamo stare attenti a non ammalarsi rendendo necessaria per la nostra felicità il male altrui.

 

 

 

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30 novembre 2010: LA FORZA DELLA MENTE di Mike Nichols, USA 2001, 99'

 

Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

Il film è stato molto interessante, forse tra tutti quelli che abbiamo visto è stato quello che meglio ha rappresentato le noncuranze e la superficialità della figura del medico. E' stato molto triste osservare come la protagonista sia stata abbandonata da tutto il personale dell'ospedale, tranne l'unica infermiera che ne ha sempre difeso la dignità; non avendo una famiglia alle spalle avrebbe sicuramente "combattuto" la malattia in modo diverso sentendosi qualcuno che le facesse forza. La sua "forza della mente" non le è stata sufficiente a superare gli ostacoli e fortunatamente era presente l'infermiera che nei momenti peggiori le è stata accanto, cosa che assolutamente non è stata fatta dagli altri medici i quali la hanno trattata come una sfida sul lavoro e un caso da portare e da risolvere senza avere un minimo rispetto della persona, del contesto e infine anche della volontà della stessa malata di non volere essere salvata nel caso in cui il suo cuore si fosse fermato.

 

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Anche questa volta la cosa che posso dire è che non voglio diventare come i dottori e gli specializzando di questo e degli altri film ma spero di non perdere l'interesse verso la sensibilità del paziente e i loro bisogni. Oltretutto sarebbe indicato che la figura dell'infermiere non fosse così sottovalutato come secondo me spesso accade perchè all'interno dell'ospedale sono delle figure estremamente importanti che troppo spesso vengono messe in secondo piano e invece di sentirsi superiori a loro e "odiarsi" a vicenda sarebbe più proficuo collaborare per il benessere del paziente.

 

 

 

 

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22 Marzo 2011: MEDICI PER LA VITA di Joseph Sargent, USA 2004, 110'


Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?
 

 

Molto particolare è la figura del dottor Blalock il quale nasconde dietro un cinismo e un egoismo spietato una vera e forte passione in quello che fa e una ferma determinazione nel riuscire nel suo intento che potrebbe spesso sembrare per voglia di "cambiare il mondo" e essere riconosciuto in tutto il mondo come un grande chirurgo e colui che è riuscito a curare i "bambini blu" ma in realtà oltre a questo c'è uno spiccato amore verso quello che è il suo lavoro, salvare vite umane. Quello che lo contraddistingue è la testardaggine, sia nel credere che quello in cui lui crede sia realizzabile e perdurare nei proprio obbiettivi benchè tutti gli remino contro, sia nel non voler ammettere quanto Vivian sia stato determinante per i suoi studi, tanto da non volerlo mandare via, all'università, per farlo studiare come Vivian avrebbe sognato. Blalock ha cambiato il mondo, insieme a Vivian, ma la rivoluzione più grande è stata per lui riconoscere, benchè dopo tanto tempo, i meriti del giovane carpentiere-tecnico di laboratorio..come dire: meglio tardi che mai!




La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Negli altri film che abbiamo visto la cosa principare che viene da pensare è che dovremo saperci relazionare con i pazienti, non sono con la testa ma con il cuore; di saper essere anche pazienti, per capire quello che si può provare stando "dall'altra parte". Quindi dopo la visione di questo film credo che dovremo aggiungere un'altra cosa tra le cosa da "usare" quando saremo medici oltre al cuore, alla testa e alla passione: la dedizione nel proprio lavoro e perseguire le proprie idee credendoci fino in fondo perchè i primi a dover credere in noi stessi siamo proprio noi.





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5 Aprile 2011: L'OLIO DI LORENZO di George Miller, USA 1993, 129'


Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?

E' un film molto, molto forte. Affronta un aspetto molto importante in una malattia, soprattutto a livello terminale: la cura di chi sta intorno al malato. E' anche questo un aspetto che molto spesso dovrebbe essere valutato, ma che nella maggior parte dei casi viene trascurato. Chi sta attorno al paziente, soprattutto se quest'ultimo è un bambino, è in grado, secondo il mio parere, di trasmettere qualcosa a coloro che stanno male. I genitori di Lorenzo hanno avuto una particolare tenacia ed una forza che gli ha permesso di andare avanti, sperare e credere che qualcosa potesse migliorare, a dispetto di quanto i medici, anche in modo piuttosto rozzo e sgarbato, avevano detto loro.

E' un film veramente drammatico e toccante che riconduce ad una storia vera di persone che sono stati colpiti da una terribile malattia. Qui gli eroi sono questi fantastici genitori; la domanda per me sorge spontanea: dove sono i medici? Dopo anni e anni di studio forse perdermo la sensibilità e il tatto verso gli altri, ma in ognuno di questi film che abbiamo visto mi sono sempre un pò "vergognata" per il loro comportamento, sperando di poter fare qualcosa di diverso; credo inoltre che ci siano anche tanti medici che sappiano non solo diagnosticare la malattia ma anche trattare come una persona il loro paziente. Soprattutto questo è l'essere medico ed è questo aspetto che ci faccia sentire fieri di quello che andremo a fare che forse manca a questo ciclo di film.

 

 

La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?


In riferimento al comportamento dei medici trovo sia giusto da una parte informare il paziente e i familiari di quanto accade, essendo completamente trasparenti e lucidi, ma questo non significa che lo si debba fare nel modo peggiore possibile e oltretutto abbandonandoli durante il decorso della malattia. Dovremmo essere noi a caricarci di quella grinta che avevano i genitori di Lorenzo, perchè come dimostra questo film, talvolta dalla forza e dalla perseveranza possono nascere nuove cure. Loro non erano medici eppure non si sono voluti fermare davanti al giudizio di chi ne sapeva più di loro, questo perchè ci CREDEVANO; se hanno avuto fiducia loro, perchè non dovremmo averla noi?
Inoltre in futuro dovremmo ricordarci che la malattia non colpisce solo il paziente ma tutti quelli che gli stanno intorno e noi non dovremmo abbassare la testa, aspettare un ineluttabile verdetto passivamente ma essere attivi e saper diventare una spalla per coloro che ne avranno bisogno.





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19 Aprile 2011: PATCH ADAMS di Universal, USA 1998, 115'


Che ti senti di dire dopo aver visto questo film?


Uno dei film migliori mai visti. E sicuramente il più bello di questo ciclo di cineforum, soprattutto se si pensa che questa è una storia vera e che quest'uomo ha realmente scatenato tutto questo. Merita veramente un'attenzione particolare, quando lo si guarda credo sia impossibile non provare rabbia nei confronti dei seri dottori che riescono solo a studiare e a trattare il paziente come una patologia piuttosto che come un essere umano. Singolarmente durante la visione di questo film ognuno di noi avrà "combattuto" per la sua causa e negli ideali che lui credeva sentendoci anche noi per un attimo invogliati a fare quello che ha fatto lui.



La visione del film che riflessioni ha indotto sulla tua idea della professione medica?

Credo che tutti vorremmo essere un pò come lui: forti, determinati, medici che guardano in faccia i loro pazienti cercando con un sorriso di alleviare il loro dolore e fargli dimenticare anche solo per un attimo il perchè loro siano in un ospedale o fermi a letto, essere per loro un punto di forza, un appoggio e una sorta di seconda famiglia e più in definitiva riuscire a vedere oltre quelle cinque dita per riuscire a guardare le cose nel loro insieme. Patch non era solo un brillante personaggio sul piano accademico ma era brillante perchè credeva nel suo lavoro e metteva tanta passione nell'occuparsi delle persone, questo è quello che dovremmo imparare da lui: studiare è importante ma un libro non ci insegnerà mai a rapportarci con le persone e a guardarle in faccia, quello che ci serve è anche la convinzione che un sorriso rivolto alle persone che hanno fiducia in noi e nella nostra figura può, anzi E' fondamentale.





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